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“Quel giorno me lo ricordo come fosse ieri. Ricevetti la telefonata il 5 giugno del 1994. il professor Umberto Veronesi mi aveva diagnosticato un tumore al seno qualche mese prima ma io volevo aspettare che aprisse lo Ieo per essere operata lì”. Lo racconta Graziella Borroni, 74 anni, insegnante di inglese in pensione e paziente numero uno, la primissima a essere operata all’Istituto Europeo di Oncologia, che tocca quest’anno il traguardo del 25 anni dalla fondazione.

Se ne è parlato all’incontro annuale dedicato alle donne che hanno vissuto l’esperienza di un tumore del seno, un appuntamento ormai consolidato, giunto al dodicesimo anno, e che ha visto sul palco del teatro Manzoni di Milano succedersi le testimonianze di ex pazienti oltre all’intervento di tre ospiti di eccezione: Lella Costa, Serena Dandini, Mara Maionchi. “Mi dissero di presentarmi due giorni dopo”, ci spiega Graziella Borroni, “mi depositò lì mio marito alle 7 del mattino e poi se ne andò a Roma per lavoro. Io entrai in questa struttura enorme e deserta. Un’ora di attesa, la più difficile: mi resi conto di quello che stava accadendo per la prima volta. Avevo insegnato fino al giorno prima, così non avevo avuto tempo per riflettere. Quando arrivarono a chiamarmi non avevo più il coraggio di alzarmi, mi ci è voluto un po’. Oggi ricordo che è stata una giornata molto bella e particolare, eravamo tutti molto emozionati, dottori e infermieri compresi che aprivano il reparto. Io so il tedesco e aiutai gli infermieri a tradurre le istruzioni per montare le sbarre del letto. Veronesi mi accolse con una carezza. Allora lo Ieo era solo privato, diedi fondo a tutti i miei risparmi per l’intervento: 18 milioni. Per festeggiare la guarigione con le mie amiche ci siamo fatte un calendario sexy per i nostri mariti, il film Calendar Girl era là da venire e non c’erano le macchine digitali, quindi siamo dovute andare dal fotografo, una gran vergogna. Sono stata rioperata nel 2009 per una recidiva. Ma oggi ho 74 anni e mi sento molto fortunata”.

Ieo per le donne è stata anche l’occasione per fare il punto su come si è evoluta la cura, la ricerca e la percezione sociale del tumore del seno in un quarto di secolo. “Si parla ormai di medicina di precisione, con un approccio personalizzato e un trattamento selettivo e teoricamente più efficace e meno tossico”, dice Manuelita Mazza, medico oncologo della Divisione di senologia medica dello Ieo, “ma inizia a essere vero adesso, diciamo che è il concept di quello che sta per, o vorrebbe diventare, la medicina. Certo non è più vero che a ogni malattia corrisponde un farmaco, ma piuttosto a ogni persona. Ma quello che io ci tengo a sottolineare è che serve un percorso personalizzato non solo clinico ma anche nel rispetto della persona che si ha davanti. Oggi la famiglia tradizionale non esiste più, le donne sono sempre più spesso sole e sono anche sempre più spesso delle lavoratrici. Ci si deve sforzare di far restare il più possibili le pazienti nella loro normalità. Ci vuole intelligenza clinica, non seguire pedissequamente un protocollo. E poi le nuove frontiere della medicina di precisione valgono anche per chi sta bene: con il profilo genico si possono fare piani di prevenzione e screening mirati”.

In quest’ottica anche nasce lo Ieo High Risk Center, il primo in Italia, strutturato sul modello dei migliori Cancer Center americani. “Il concetto di rischio oncologico è complesso e, nel nostro Paese, ancora confuso”, ha spiegato Bernardo Bonanni, Direttore della Divisione di Prevenzione e Genetica Oncologica dello Ieo e Coordinatore dell’High Risk Center. “Conoscere il proprio rischio non vuol dire inventarsi una malattia, ma essere consapevoli di come evitarla. In genere si pensa solo al rischio genetico, mentre in realtà ci sono anche altri fattori di rischio individuale. Oggi siamo in grado di capire il rischio di una certa persona all’interno di una specifica famiglia. E soprattutto sappiamo gestirlo nell’ambito di un programma clinico personalizzato nei vari aspetti (sorveglianza particolare, stile di vita, prevenzione e profilassi). Prossimamente metteremo on line uno specifico “questionario di familiarità”, da compilare e rinviarci. In base ai risultati, a chi davvero necessita di approfondimento verrà proposto un colloquio di counselling oncogenetico o, se sarà il caso, una visita col genetista clinico o con l’oncologo preventivo”.

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