L’appello arriva dai pediatri americani: i bambini giocano troppo poco. Tuttavia, il gioco non è un’inutile perdita di tempo ma un’attività fondamentale per lo sviluppo psicofisico del bambino. Dirlo spesso non basta, tanto che i pediatri arrivano a suggerire che lo si prescriva nei primi due anni di vita. Il loro appello è contenuto sull’ultimo numero di Pediatrics, la rivista dell’American Academy of Pediatrics.
I bambini non giocano all’aperto e prediligono piuttosto intrattenersi con i dispositivi digitali. Eppure, il gioco libero è uno degli strumenti di apprendimento più potenti a loro disposizione. «Il gioco è un’occasione unica per promuovere le abilità socio-emotive, cognitive, linguistiche e di autoregolazione che costituiscono la funzione esecutiva e il cervello prosociale. Inoltre, il gioco supporta la formazione di relazioni sicure, stabili e ricche con tutti gli altri esseri umani che li accudiscono e di cui i bambini hanno bisogno per prosperare» si legge nel documento. L’attività ludica, proseguono i ricercatori, «migliora la struttura e la funzione del cervello e promuove le funzioni esecutive (cioè il processo di apprendimento), consentendoci di perseguire gli obiettivi e di ignorare le distrazioni».
«Giocare con i genitori e con i coetanei è di fondamentale importanza per lo sviluppo di tutta una serie di capacità del XXI secolo, tra cui le abilità sociali, emotive, linguistiche e cognitive, tutte competenze necessarie alla prossima generazione in un mondo economicamente competitivo che richiede collaborazione e innovazione» ha detto il responsabile dello studio Michael Yogman, pediatra dell’Harvard Medical School e del Boston Children’s Hospital.
Giocare fornisce anche uno scudo che mette al riparo i bambini dagli effetti negativi delle avversità che possono trovarsi a vivere. Eppure i dati statunitensi mostrano che sono una minoranza coloro che ogni giorno escono per un po’ di gioco libero all’aperto con i propri genitori, più concentrati piuttosto a garantire ai propri figli lo svolgimento di attività stimolanti, e più gestibili logisticamente, che finiscono per intasare l’agenda. Ciò è vero anche per i più grandicelli: chi pratica una disciplina sportiva, infatti, non svolge poi alcuna attività motoria e fisica al di fuori delle ore previste di attività strutturata.