Sotto questo aspetto l'etica è perciò parte integrante e spinta motivazionale del trattamento riabilitativo e della sua riuscita.
Perciò assume fondamentale importanza la ricchezza di valori del soggetto riabilitante e riabilitato. Il valore della vita è più ricco di ogni disabilità o handicap.
Ma oltre che nella ricerca di superare il limite e di realizzare la persona, esiste un altro aspetto in cui l'etica si dimostra essenziale: il momento dell'accettazione di quel limite.
L'accettazione di un handicap e delle sue conseguenze non equivale per nulla a passività o tanto meno alla depressione: è riconoscimento del principio di realtà: un limite che esiste e che lo sforzo riabilitativo non può annullare, una limitazione che si accompagna ad altre di cui è fasciata la creaturalità e con cui siamo tutti noi costituiti.
Esistono diverse situazioni in campo riabilitativo che possono rivelarsi eticamente problematiche, per esempio la difficoltà a gestire il consenso informato fino a situazioni di rifiuto delle cure o la difficoltà di recupero delle capacità coniugali e procreative.
Prendendone in esame solo alcuni di quelli più ricorrenti, il primo problema etico che si presenterebbe davanti al riabilitatore e alla struttura riabilitativa sarebbe quello di definire i criteri di ammissione, specialmente quando la richiesta supera la disponibilità in termini di persona e di attrezzatura.
Seguendo la successione cronologica dei problemi etici è da porre in rilievo il problema del consenso informato collegato con quello che si chiama la competenza del paziente: il consenso, o la collaborazione del paziente, è elemento decisivo per la riuscita; la persona disabile o inabile in genere, deve sempre essere il soggetto e non l'oggetto del trattamento riabilitativo. Per questo molti autori ritengono che il terapista debba fare di tutto per acquisire tale collaborazione.
A seguire dovrà essere esaminata l'identificazione degli obiettivi, un problema non soltanto tecnico- scientifico, ma anche morale, perché non è sufficiente che il riabilitatore identifichi le possibilità obiettive di recupero, funzionalità e autonomia in base a parametri scientificamente riconosciuti, ma è necessario che gli obiettivi del terapista diventino anche quelli del paziente.
Infine vi è la cessazione della riabilitazione e la rinuncia al trattamento. È ovvio che la cessazione della riabilitazione supponga il raggiungimento degli obiettivi e del plateau che non consente notevoli incrementi con la continuazione, ma esiste anche un diritto di rifiutare il trattamento: esso è garantito dalla nostra Costituzione e le persone disabili hanno il diritto di considerare la loro disabilità come una differenza e non come una malattia.