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Una nuova strategia terapeutica che si sta sperimentando in varie patologie neurodegenerative è la somministrazione di induttori dei fattori neurotrofici
Lo studio di questa nuova classe di farmaci è prevalentemente orientato verso la malattia di Parkinson e la sclerosi laterale amiotrofica (Harvey A. Drugs. 2005;8:719-21; Hauser RA. Int J Neurosci. 2011;121 Suppl 2:53-62), ma le applicazioni possono includere tutte le patologie in cui è coinvolta una ridotta sintesi di fattori neurotrofici. Quindi, anche il glaucoma e l’ambliopia (vedi per esempio questo articolo) potrebbero beneficiare di questi nuovi trattamenti.
Esistono vari farmaci a cui è stata attribuita la capacità stimolare la sintesi di neurotrofine, per esempio gli SSRI (solo a titolo di esempio, vedi Allaman I, Psychopharmacology 2011;216:75-84). Recentemente, l’interesse si è rivolto verso la sarsasapogenina e il suo analogo smilagenina (nota anche come PMY50028 e, più recentemente, con il brandname Cogane, Phytopharm)struttura chimica della sapogenne
Si tratta di sapogenine, ovvero la porzione agliconica delle saponine, sostanze presenti in numerose specie vegetali e contenti composti trierpenici o steroidali.
Le sapogenine stanno vivendo un periodo di particolare notorietà commerciale. E’ un interesse derivato dalla medicina tradizionale cinese che sta trovando ampio sviluppo in molte preparazioni nutraceutiche ma anche sia farmaceutiche, tanto che vari prodotti sono stati sottoposti alla valutazione delle agenzie regolatorie americane (FDA) ed europee (EMA).
Il razionale a sostegno sembrerebbe abbastanza solido. Fattori di crescita quali il glial-derived neurotrophic factor (GDNF) e il brain-derived neurotrophic factor (BDNF) hanno un vasto background di studi sperimentali che ne sostengono le proprietà neuroprotettive in patologie neurodegenerative quali il morbo di Parkinson [vedi per esempio: Gash D, Nature 1996 380,252-255 e Kearns C, Brain Res. 1995 672, 104-111] anche se, come è ampiamente noto, le conferme cliniche sono quasi del tutto assenti [Eslamboli A. Rev. Neurosci. 2005 16,303-310] o limitate a studi sporadici [Nutt JG Neurology 2003 60,69-73]. La carenza di risultati clinici favorevoli è legata natura polipeptidica di queste meolecole che ne limita gravemente la biodisponibilità dopo somministrazione orale o altri tipi di somministrazioni non invasive. Ciò impedisce di fatto lo sviluppo di trattamenti che abbiano una realizzabilità pratica, rendendo necessaria la ricerca di vie di somministrazione più complicate, quali la somminitrazione attraverso vettori virali o l’impianto di cellule encapsulate (di cui abbiamo già parlato alcuni mesi fa), con tutti i limiti derivanti dalla complessita di queste soluzioni.
Sperimentalmente [Visanji NP, FASEB J. 2008; 22:2488-97], è stato osservato che la smilagenina possiede effetti anti apoptotici e neuro rigeneranti. Un effetto inibitorio sulle MAO, osservato per alcune saponine, ad esempio quelle contenute nella liquirizia, è stato escluso. Invece, è stato osservato che la smilagenina mima gli effetti del GDNF e del BDNF, per cui è affascinante ipotizzare che stimoli la produzione di queste due neurotrofine, anche se rimane ancora da identificare il meccanimo attraverso cui questa stimolazione avvenga.
Concludendo, il razionale di impiego delle sapogenine è molto interessante: somministrare neurotrofine è complicato, quindi, cerchiamo di aggirare il problema andando a stimolare la loro produzione endogena, attraverso farmaci che agiscano da attivatori della sintesi o del rilascio dei principali fattori di crescita neuronali.
Per rimanere con i piedi ben saldi nella realtà, bisogna ancora una volta ricordare, per eliminare facili illusioni, che studi clinici nelle malattie oculari sono alle fasi iniziali ed è ancora troppo presto per stabilire se questo nuovo approccio neuroprotettivo potrà avere sviluppi clinici utili in un prossimo futuro.

La “pillola della felicità” per l'ambliopia

La fluoxetina(Prozac), definita giornalisticamente la pillola della felicità, è un farmaco largamente impiegato nel trattamento della depressione, dei disturbi ossessivo-compulsivi e degli attacchi di panico. Appartiene alla classe degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e agisce incrementando nel cervello i livelli di serotonina, uno dei principali neurotrasmettitori del sistema nervoso.
Da recenti studi condotti all’Università di Pisa dal gruppo del prof. Maffei (Sale A, Maya Vetencourt JF, Medini P, Cenni MC, Baroncelli L, De Pasquale R, Maffei L.: Environmental enrichment in adulthood promotes amblyopia recovery through a reduction of intracortical inhibition. Nat Neurosci. 2007:679-81. Maya Vetencourt JF, Sale A, Viegi A, Baroncelli L, De Pasquale R, O’Leary OF, Castrén E, Maffei L: The antidepressant fluoxetine restores plasticity in the adult visual cortex. Science. 2008, 18;320:385-8), sembrerebbe che la fluoxetina stimoli la plasticità del cervello, con il risultato che i neuroni e le connessioni che si stabiliscono attorno a queste cellule, siano, dopo l’assunzione del prodotto, più facilmente in grado di rispondere agli stimoli esterni.
Per il momento questo effetto è stato evidenziato solo in modelli animali: è stato osservato che nei ratti affetti da ambliopia la condizione patologica migliorava sensibilmente, anche in animali adulti, giungendo persino ad una remissione totale della sintomatologia, se questi ratti venivano trattati per un mese di seguito con Fluoxetina.
Il meccanismo d’azione della fluoxetina è attribuibile da una parte, alla riduzione dei livelli del neurotrasmettitore inibitorio GABA, un fattore molecolare necessario al corretto funzionamento dei centri nervosi, ma ritenuto responsabile anche della perdita di plasticità che si verifica nel cervello adulto, dall’altra, la riduzione dell’inibizione intracorticale si accompagna all’aumento dei livelli di BDNF, che promuoverebbe in modo diretto quei cambiamenti strutturali e funzionali dei circuiti corticali necessari per la visione.
Ai fini di una corretta informazione, tuttavia, gli stessi autori ci tengono a sottolineare che, se è auspicabile un futuro impiego della fluoxetina nell’uomo per la cura dell’ambliopia, allo stato attuale delle conoscenze risulta ancora prematuro stabilire se ciò si possa ottenere nell’organismo umano, in quanto, il sistema nervoso della nostra specie è di gran lunga più complesso e complicato di quello del ratto.
In attesa di ulteriori evidenze scientifiche, l’estrema prudenza è d’obbligo, soprattutto in considerazione del profilo di sicurezza della fluoxetina, caratterizzato da segnalazioni di comportamenti suicidi (tentativi di suicidio e ideazione suicida) e ostilità (essenzialmente aggressività, comportamento di opposizione e collera), ritardo nella maturazionesessuale, ecc. osservate in bambini e adolescenti durante il trattamento di problemi neuropsichiatrici.