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Sono gli «invisibili» di queste lunghe giornate di quarantena. Finora si è parlato poco o nulla dei tossicodipendenti, ma «per loro vivere ai tempi del Coronavirus è più complicato di quanto lo sia per noi: soprattutto per chi utilizza sostanze illecite», afferma Riccardo Gatti, direttore del dipartimento interaziendale delle dipendenze Asst Santi Paolo e Carlo di Milano.

Queste persone come stanno vivendo la quarantena?

«Occorre distinguere chi aveva già iniziato un percorso di disassuefazione da tutti gli altri. I primi continuano ad avere un riferimento: gli ambulatori sono aperti, i servizi di supporto da remoto sono stati potenziati e nelle emergenze si continua a garantire l’intervento domiciliare. Peggio invece stanno tutti gli altri, anche perché il confinamento rende più difficile procurarsi le sostanze illecite».

A quali rischi sono esposti i tossicodipendenti, in questo periodo?

«Il consumatore occasionale riesce a gestirsi senza particolari problemi. Ma per chi ha sviluppato una dipendenza patologica, la situazione è diversa. L’astinenza può compromettere in maniera grave la salute fisica e quella psichica: sia del diretto interessato sia eventualmente delle persone che gli sono accanto. Quanto detto vale soprattutto per chi abbisogna di sostanze illecite, più difficili da procurarsi in questo periodo. Ma anche per chi continua ad acquistare le sostanze da cui dipende senza limitazioni».

Si riferisce ai fumatori?

«Anche, ma soprattutto agli alcolisti, che correrebbero gravi rischi se sospendessero improvvisamente l’uso di alcolici. Vero è che la loro vendita è consentita, ma a molte di queste persone stanno mancando i soldi per acquistarli».

La difficoltà di questo periodo sta condizionando le richieste di aiuto ai servizi territoriali?

«A Milano, dove le persone assistite sono quasi quattromila, i nuovi accessi sono in leggero calo. Ma è un dato ancora molto relativo: la flessione potrebbe derivare anche dalla paura del contagio in ambienti quali ospedali e ambulatori».

Cosa consiglia a chi volesse iniziare a liberarsi da una dipendenza da solo?

«Per i rischi legati all’astinenza, l'assunzione di una droga non deve essere mai sospesa improvvisamente. Se proprio si vuole fare qualcosa da soli, in attesa di essere presi in carico da una struttura sanitaria, meglio ridurre i consumi in maniera moderata e progressiva. Questo approccio è il più indicato pure per un’altra ragione: serve a mitigare il rischio di un’overdose, se a un lungo periodo di riduzione dovesse seguire il ritorno a un consumo a dosaggi maggiori».

Dunque, come agire?

«Non c’è una risposta valida per tutti. Ma si può provare a scalare una dose e a mantenerla costante per diversi giorni. Così ci si dà modo di monitorare gli effetti collaterali, prima di compiere eventualmente un altro piccolo passo. Fondamentale è inoltre evitare l’utilizzo di farmaci o di altre sostanze psicoattive senza aver consultato un medico, anche di famiglia. Faccio un esempio: se si pensa di compensare l’uso di eroina aumentando quello di alcol, si rischia di peggiorare la situazione».

Intravede la possibilità che, nei prossimi mesi, cambi anche la «geografia» dei consumi di droghe illecite?

«Già prima di questa emergenza, registravamo un’attenzione crescente per le droghe sintetiche. La fascinazione nei loro confronti potrebbe aumentare, se continueranno a esserci limitazioni ai trasporti».

Quanto è preoccupato da questo scenario?

«Abbastanza, se penso ai quasi centomila morti contati Stati Uniti nel 2019 per l’abuso di Fentanyl. Oltreoceano è in atto un’epidemia silenziosa che noi abbiamo finora parzialmente evitato. Ma adesso serve un cambio di passo deciso, nella ricerca oltre che nei controlli. In Italia siamo ancora troppo legati alle droghe tradizionali, invece adesso occorre capire quanto diffuso sia il consumo di altre sostanze. E quali conseguenze determini».

Come cambierà il mondo della tossicodipendenza dopo questa pandemia?

«Non potendo tornare subito alla vita pre-Coronavirus, prevedo un aumento delle persone che abuseranno di sostanze stupefacenti per far fronte a un’angoscia diversamente difficile da elaborare. Altri invece potrebbero passare da un consumo occasionale a una forma di dipendenza, senza accorgersene. Perciò vorrei che si ragionasse già dell'evoluzione dei servizi per le tossicodipendenze. Serve adeguarli e potenziarli subito, altrimenti ci troveremo a rincorrere una nuova emergenza».

Twitter @fabioditodaro

Sono gli «invisibili» di queste lunghe giornate di quarantena. Finora si è parlato poco o nulla dei tossicodipendenti, ma «per loro vivere ai tempi del Coronavirus è più complicato di quanto lo sia per noi: soprattutto per chi utilizza sostanze illecite», afferma Riccardo Gatti, direttore del dipartimento interaziendale delle dipendenze Asst Santi Paolo e Carlo di Milano.

Queste persone come stanno vivendo la quarantena?

«Occorre distinguere chi aveva già iniziato un percorso di disassuefazione da tutti gli altri. I primi continuano ad avere un riferimento: gli ambulatori sono aperti, i servizi di supporto da remoto sono stati potenziati e nelle emergenze si continua a garantire l’intervento domiciliare. Peggio invece stanno tutti gli altri, anche perché il confinamento rende più difficile procurarsi le sostanze illecite».

A quali rischi sono esposti i tossicodipendenti, in questo periodo?

«Il consumatore occasionale riesce a gestirsi senza particolari problemi. Ma per chi ha sviluppato una dipendenza patologica, la situazione è diversa. L’astinenza può compromettere in maniera grave la salute fisica e quella psichica: sia del diretto interessato sia eventualmente delle persone che gli sono accanto. Quanto detto vale soprattutto per chi abbisogna di sostanze illecite, più difficili da procurarsi in questo periodo. Ma anche per chi continua ad acquistare le sostanze da cui dipende senza limitazioni».

Si riferisce ai fumatori?

«Anche, ma soprattutto agli alcolisti, che correrebbero gravi rischi se sospendessero improvvisamente l’uso di alcolici. Vero è che la loro vendita è consentita, ma a molte di queste persone stanno mancando i soldi per acquistarli».

La difficoltà di questo periodo sta condizionando le richieste di aiuto ai servizi territoriali?

«A Milano, dove le persone assistite sono quasi quattromila, i nuovi accessi sono in leggero calo. Ma è un dato ancora molto relativo: la flessione potrebbe derivare anche dalla paura del contagio in ambienti quali ospedali e ambulatori».

Cosa consiglia a chi volesse iniziare a liberarsi da una dipendenza da solo?

«Per i rischi legati all’astinenza, l'assunzione di una droga non deve essere mai sospesa improvvisamente. Se proprio si vuole fare qualcosa da soli, in attesa di essere presi in carico da una struttura sanitaria, meglio ridurre i consumi in maniera moderata e progressiva. Questo approccio è il più indicato pure per un’altra ragione: serve a mitigare il rischio di un’overdose, se a un lungo periodo di riduzione dovesse seguire il ritorno a un consumo a dosaggi maggiori».

Dunque, come agire?

«Non c’è una risposta valida per tutti. Ma si può provare a scalare una dose e a mantenerla costante per diversi giorni. Così ci si dà modo di monitorare gli effetti collaterali, prima di compiere eventualmente un altro piccolo passo. Fondamentale è inoltre evitare l’utilizzo di farmaci o di altre sostanze psicoattive senza aver consultato un medico, anche di famiglia. Faccio un esempio: se si pensa di compensare l’uso di eroina aumentando quello di alcol, si rischia di peggiorare la situazione».

Intravede la possibilità che, nei prossimi mesi, cambi anche la «geografia» dei consumi di droghe illecite?

«Già prima di questa emergenza, registravamo un’attenzione crescente per le droghe sintetiche. La fascinazione nei loro confronti potrebbe aumentare, se continueranno a esserci limitazioni ai trasporti».

Quanto è preoccupato da questo scenario?

«Abbastanza, se penso ai quasi centomila morti contati Stati Uniti nel 2019 per l’abuso di Fentanyl. Oltreoceano è in atto un’epidemia silenziosa che noi abbiamo finora parzialmente evitato. Ma adesso serve un cambio di passo deciso, nella ricerca oltre che nei controlli. In Italia siamo ancora troppo legati alle droghe tradizionali, invece adesso occorre capire quanto diffuso sia il consumo di altre sostanze. E quali conseguenze determini».

Come cambierà il mondo della tossicodipendenza dopo questa pandemia?

«Non potendo tornare subito alla vita pre-Coronavirus, prevedo un aumento delle persone che abuseranno di sostanze stupefacenti per far fronte a un’angoscia diversamente difficile da elaborare. Altri invece potrebbero passare da un consumo occasionale a una forma di dipendenza, senza accorgersene. Perciò vorrei che si ragionasse già dell'evoluzione dei servizi per le tossicodipendenze. Serve adeguarli e potenziarli subito, altrimenti ci troveremo a rincorrere una nuova emergenza».

Twitter @fabioditodaro