Primo in Europa, il nostro paese si è dotato di un Piano nazionale per l’applicazione e diffusione della Medicina di genere, che non è la medicina delle donne ma il riconoscimento del fatto che «le varie malattie, la loro diagnosi e terapia si differenziano tra uomo e donna, sia a livello di sesso biologico che di genere, sulla base delle ricadute sociali del genere stesso» spiega Giovannella Baggio, Presidentessa del Centro Studi Nazionale salute medicina di genere dell’Università di Padova.
«Le donne, infatti, hanno una più alta aspettativa di vita rispetto agli uomini, ma sono più sensibili ad alcune malattie, come quelle cardiovascolari, mentre sono meno soggette ad alcuni tipi di tumore, come il melanoma. Anche in altri ambiti, come la psichiatria, la psicogeriatria, la medicina del lavoro e quella interna, la reumatologia, l’ortopedia, le differenza di genere vanno tenute in considerazione per creare un percorso di cura “su misura” e attento alle esigenze dei singoli individui».
A fare il quadro sull’evoluzione e l’applicazione della Medicina di Genere nei diversi ambiti - clinico, farmacologico, accademico, sanitario – è il Libro bianco «Dalla Medicina di genere alla Medicina di precisione» di Fondazione Onda, Osservatorio Nazionale sulla salute della donna e di genere, e Farmindustria.
Le donne soffrono di depressione da 2 a 3 volte più degli uomini, non solo per fattori biologici, quali il ciclo ormonale e l’effetto degli estrogeni, ma anche sociali, come il sovraccarico lavorativo femminile dentro e fuori casa, lo stress e la violenza di genere. Al contrario, le malattie cardiovascolari, considerate quasi esclusivamente appannaggio del sesso maschile, che in effetti ne è più colpito rispetto alle donne (4,9 vs 3,5%), rappresentano la prima causa di morte delle donne (48 vs 38 per gli uomini). Seppur le donne fumino in media meno degli uomini (14,9 vs 24,8%), a loro basta fumare un terzo delle sigarette dell’uomo per avere lo stesso rischio cardiovascolare; inoltre, la donna con diabete ha un rischio cardiovascolare superiore del 44% rispetto all’uomo con pari compenso glicemico.
Come ha spiegato Francesca Merzagora, presidentessa di Fondazione Onda, «la Medicina di genere si basa sulle diverse caratteristiche biologiche, ma anche fattori ambientali, socio-relazionali, economici e culturali, che influenzano lo stato di salute, la diagnosi, la cura oltre che l’attitudine alla prevenzione di uomini e donne. La Medicina di genere non va intesa come una branca della Medicina, ma come un approccio da applicare a tutte le discipline mediche, tra le quali anche la Medicina del lavoro».
Tuttavia, si finisce per curare le donne con farmaci studiati e sperimentati su uomini: «oggi gli studi scientifici e i test si basano principalmente su un campione e su modelli maschili – spiega Katia Varani, farmacologa dell’Università di Ferrara - Questo limite non considera come il funzionamento dei farmaci sia in realtà influenzato dal genere e dal sesso biologico del paziente. Perciò è importante parlare di farmacologia di genere e non limitarsi a usare modelli maschili per prassi e per abitudine». Non considerare le differenze a livello della farmacodinamica, degli effetti del farmaco, e della farmacocinetica, ovvero il suo metabolismo, è tanto più grave oggi che «il 42% dei medicinali in sviluppo è indirizzato alla medicina di precisione, percentuale che sale al 73% considerando solo quelli antineoplastici» dice Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria.
Anche qui, la medicina generale si riconferma strategica. «Le donne affette da multicronicità nel 2017 erano il 29,2% contro il 21,7% degli uomini e questo per la medicina generale significa avere con le donne 11 contatti all’anno contro i 9 contatti con gli uomini - spiega Raffaella Michieli, Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie di Venezia - Donne non solo italiane che hanno bisogno di aiuto per l’orientamento nel nostro sistema sanitario, visto l‘aumento della presenza femminile proveniente dai paesi stranieri in Italia. E donne non più giovani visto che una su tre si deve occupare da sola di un anziano o un malato grave. La visione olistica della medicina generale la rende il primo contesto in cui la medicina di genere può essere applicata nei suoi risvolti più pratici e nelle sue più specifiche sfaccettature, cosa che si potrà mettere in pratica soprattutto grazie ad un’importante azione di formazione a tutti i livelli».
Nel nostro paese opera la rete italiana per la Medicina di genere, nata dall’alleanza del Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di genere con il Centro di Riferimento sulla Medicina di genere dell’Istituto Superiore di Sanità e il Gruppo Italiano Salute e Genere (GISeG). La rete organizza iniziative formative e informative. La speranza è che si passi presto da una generica maggior sensibilità al problema a un adeguamento della ricerca e della routine clinica.