La scelta della donazione cordone ombelicale del proprio figlio alle banche pubbliche significa cedere la proprietà del campione al sistema sanitario nazionale. I campioni donati sono utilizzati per la ricerca e per trapianti allogenici in caso di riscontrata compatibilità. Fanno eccezione i casi in cui vi sia il rischio per il nascituro di contrarre patologie di carattere ereditario, per i quali il Ministero della Salute prevede la conservazione per uso autologo-dedicato [1], ovvero un conservazione familiare garantita dallo Stato. In Italia sono state istituite 19 biobanche pubbliche, quasi una per regione, ma purtroppo i dati riportati dal CNS (Centro Nazionale Sangue) per l'anno 2011 sono tutt'altro che soddisfacenti: solo 2454 campioni conservati a fronte di 22166 prelievi [2]. E questo su un totale di oltre 550mila nascite [3]. Numeri che dimostrano che il servizio offerto non è garantito e che la gran parte dei campioni prelevati non viene conservato né tantomeno utilizzato .
L'altra strada possibile, quella di affidare il cordone di proprio figlio a una biobanca privata per la conservazione familiare, assicura il mantenimento delle cellule per 20-25 anni, nei quali queste rimangono a disposizione della famiglia in caso di necessità. Le staminali del cordone ombelicale di un bambino possono servire per un trapianto verso lui stesso, chiamato autologo, oppure su un genitore o un fratellino, con cui le percentuali di compatibilità sono elevate: rispettivamente fino al 50 e fino al 25%. In questo caso il trapianto è detto allogenico intra-familiare. Le banche private, tutte in territorio estero come previsto da un decreto del 2009, offrono un servizio qualitativo non inferiore a quello offerto dalle strutture pubbliche. La dimostrazione sono i numerosi casi di giovani pazienti che grazie alle cellule conservate dai genitori al momento del parto hanno sconfitto la malattia o migliorato le loro condizioni di salute.
Per ulteriori informazioni: www.sorgente.com
Note:
1. Decreto del 18 Novembre 2009
2. Report del CNS
3. Dati Istat