Si è aperto ieri l’appuntamento annuale dell’oncologia medica, il 55esimo congresso dell’associazione americana Asco di Chicago, dedicato quest’anno ai pazienti da curare e da cui imparare. Lo slogan è infatti «Farsi carico di ogni paziente. Imparare da ogni paziente» («Caring for Every Patient, Learning from Every Patient») fortemente voluto dalla presidente in carica di Asco Monica Bertagnolli (americana, di origini italo francesi), docente alla Harvard Medical School e direttore della Chirurgia Oncologia presso il Dana-Farber Brigham and Women’s Cancer Center.

Questa attenzione al paziente è «uno sforzo che trasformerà radicalmente la nostra capacità di comprendere la malattia» ci aveva detto l’anno scorso, proprio qui ad Asco, annunciando lo slogan scelto per questa edizione 2019 che accoglie 40mila i partecipanti da tutto il mondo. Un tempo, era una «congresso americano, ma oggi la presenza europea e italiana è sempre maggiore» dice Giordano Beretta, presidente eletto Aiom e responsabile dell’oncologia medica di Humanitas Gavezzoni a Bergamo.

IL FONDO
Secondo i dati aggiornati dell’American Cancer Society, le morti per cancro negli Usa sono diminuite del 27% in 25 anni e i pazienti con alle spalle una diagnosi di cancro sono aumentati di 4 milioni in 13 anni. In Italia, i pazienti “guariti” dal cancro aumentati del 29% in otto anni. Da Chicago, Aiom lancia un appello: il Fondo per i farmaci oncologici - 500mila euro l’anno per tre anni e in scadenza a fine 2019 - venga rinnovato. Della programmazione per il prossimo triennio 2019-2021 si sta ancora discutendo.

«Il Fondo è una misura tampone. Va risolta la problematica strutturale» precisa Beretta «Serve una politica di ridiscussione dei prezzi e una maggior trasparenza sui reali costi di ricerca e sviluppo. Molti farmaci stanno uscendo dal Fondo, ma altri innovativi sono in arrivo e peseranno ancora più sul budget».

LE RETI
I punti in discussione sono tutti volti a una maggior accessibilità e appropriatezza delle cure: si parla delle reti, con una precisa definizione dei percorsi che garantirebbe a tutti i cittadini il migliore trattamento possibile. Una tale efficiente organizzazione in reti porterebbe anche a una riduzione delle spese superflue, ma per ora non sono ancora stabiliti i criteri organizzativi e gli indicatori che ogni centro deve rispettare per entrare nella rete.

UNA VISIONE GLOBALE
I pazienti che sopravvivono al cancro sono sempre più numerosi, bisogna quindi pensare a loro, ai controlli periodici e alle sequele tardive da trattamento. Inoltre, nell’ottica di una corretta selezione delle sottopopolazioni di pazienti che potrebbero beneficiare dei nuovi trattamenti, andrebbero inclusi anche i test nelle discussioni sui farmaci e il loro prezzo: «È sempre più rilevante indagare la presenza di caratteristiche biologiche che consente di stabilire qual è il trattamento più adeguato o quale la sequenza migliore da somministrare» spiega Beretta.

I test introducono un elemento di complessità ulteriore perché servono competenze nel leggerli ma anche nell’eseguirli, altrimenti si rischia di negare un farmaco a chi ne avrebbe beneficio o di darlo inutilmente. Sui test serve una sorta di controllo di qualità: «Serve una validazione, in parole pratiche deve esserci la minor discrepanza possibile tra risultati ottenuti nei diversi centri» spiega Beretta.

E con l’accumulo di nuove conoscenze biomolecolari la necessità di ricorrere ai test non potrà che aumentare. Insomma, è il momento di adottare «una visione globale che porti a una gestione a tutto tondo del paziente, senza concentrarsi unicamente sul momento del trattamento».