I bambini italiani in sovrappeso (9,3 per cento) o obesi (21,3 per cento) conteggiati nel 2016 sono stati di meno rispetto al passato. Ma l’Italia, nella graduatoria che rileva la «rotondità» dei bambini, rimane fanalino di coda in Europa. Alcune aree del Paese, soprattutto nel Mezzogiorno, vedono più di un pargolo su tre con un giro vita troppo largo, che a seconda dell’eccesso li fa ricadere nel range del sovrappeso (indice di massa corporea compreso tra 25 e 30) o dell’obesità (superiore a 30).

Le abitudini alimentari sono ancora sbagliate

L’aggiornamento dei dati è avvenuto a opera dell’Istituto Superiore di Sanità, che coordina il progetto «Okkio alla Salute». La rilevazione del 2016 ha messo in luce la grande diffusione tra i bambini di abitudini alimentari errate. I consumi di frutta e verdura, nonostante un lieve miglioramento, rimangono inferiori a quelli raccomandati (cinque porzioni al giorno).

Idem dicasi, in direzione opposta, per le bevande zuccherate e gassate. «In Italia quasi un bambino su dieci salta la prima colazione e uno su tre ne fa una comunque inadeguata - spiega Angela Spinelli, epidemiologa del centro nazionale prevenzione delle malattie e promozione della salute -. Un comportamento che si ripercuote sui pasti successivi: molti ricorrono a merende troppo abbondanti e poi non hanno fame a pranzo. Nonostante ci sia grande attenzione all’alimentazione e alle tante mode alimentari in giro, la realtà ci dice che siamo ancora lontani da un corretto bilanciamento dei nutrienti nell’alimentazione dei nostri bambini».

Sovrappeso colpa anche dello scarso esercizio fisico

Una tendenza negativa che si riflette anche sulle attitudini sportive e sulla sedentarietà dei bambini italiani. Il 23,5 per cento dei bambini svolge giochi di movimento non più di un giorno a settimana, il 33,8 per cento dei bambini svolge attività fisica strutturata non più di una volta a settimana e il diciotto per cento non aveva fatto attività fisica il giorno precedente l’indagine.

Attitudini che si radicano ancora di più grazie all’uso scorretto della tecnologia: il 44 per cento ha la tv in camera, il 41 per cento la guarda o usa videogiochi, cellulari e tablet per più di due ore al giorno (che è il massimo del tempo consentito dagli esperti). L’esercizio fisico, ricordano gli esperti, è utile dal punto di vista terapeutico solo se effettuato con metodo e frequenza costante, altrimenti è più difficile trarne beneficio.

Servono (anche) genitori più consapevoli dei rischi correlati all’obesità

L’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità è stata condotta su un campione di 48.946 bambini di 8-9 anni e 48.464 genitori, rappresentativo di tutte le regioni italiane. I risultati - la percentuale di bambini obesi di età compresa tra i sei e i dieci anni è scesa dal 12 (2008-09) al 9,3 per cento (2016), quella dei bambini in sovrappeso è passata dal 23,2 al 21,3 per cento - conferma la lenta e costante diminuzione del fenomeno. Ma non fa avanzare l’Italia nella classifica dei peggiori Paesi europei per obesità infantile.

«Siamo di fronte a uno dei maggiori problemi di sanità pubblica in Italia - è il pensiero di Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità -. La diminuzione del tasso di obesità nei bambini è un segno che le politiche sanitarie messe in atto cominciano a dare i primi risultati. Tuttavia resta molto da fare, soprattutto nella promozione della consapevolezza sui corretti stili di vita. I genitori devono fare la loro parte: gli ultimi dati ci dicono che circa il quaranta per cento delle madri di bambini in sovrappeso o obesi ritiene che il peso del proprio figlio sia nella norma».

Chirurgia bariatrica nei più piccoli: quando è possibile?

Lo scenario porta oggi a valutare l’ipotesi della chirurgia bariatrica anche per i più piccoli. L’approccio in età pediatrica viene preso in considerazione nei casi più gravi. Le linee guida internazionali prendono in considerazione due gruppi di pazienti pediatrici: quelli con indice di massa corporea pari o superiore a 50 e quelli con un indice di massa corporea superiore a 40, associata a steatoepatite o ad altre gravi malattie correlate: come il diabete, l’ipertensione o le apnee notturne. «Un adolescente che a 12, 13 o 14 anni per un eccesso di peso così grave da compromettere gli organi più importanti come cuore, fegato, pancreas, avrà davanti a se un futuro fatto di medicine e ricoveri ospedalieri - conferma Valerio Nobili, responsabile dell’unità di malattie epato-metaboliche dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma -. Un simile approccio terapeutico non deve mai prescindere da un cambiamento di vita fatto di rigoroso controllo alimentare ed attività fisica. Resta però indiscusso il fatto che ridare a questi ragazzi la gioia di vivere senza medicine e un corpo che li soddisfi vuol dire aiutarli ad essere parte attiva e produttiva di una società che altrimenti li emarginerebbe totalmente o li terrebbe ai lati della stessa».

Twitter @fabioditodaro


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