Si può vivere bene anche senza, tuttavia perdere i capelli intacca fortemente la qualità della vita, specialmente nelle donne. Un’analisi su Jama Dermatology ha mostrato che più della metà delle persone colpite da alopecia percepiscono il loro disturbo come fortemente invalidante e manifestano sintomi di ansia o depressione.

Intanto i trattamenti contro la calvizie stanno facendo passi avanti, cercando di porre rimedio anche ai casi più ostici di alopecia androgenetica, in cui si assiste a un progressivo e inesorabile assottigliamento della radice del capello per cause genetiche e ormonali. «Sappiamo che nell’alopecia androgenetica c’è una compromissione dell’attività delle cellule germinali da cui origina il bulbo, che rappresentano una sorta di “sala regia” per la formazione del capello» sottolinea Antonino Di Pietro, direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis di Milano.

Proprio nei confronti di queste cellule sono rivolte le attenzioni delle nuove ricerche scientifiche, che coinvolgono trattamenti all’avanguardia e sollevano altrettante dispute scientifiche tra sostenitori e oppositori.

Plasma arricchito di piastrine

Tra i trattamenti più dibattuti c’è il cosiddetto PRP – o Plasma Ricco di Piastrine – attraverso cui si inietta nel cuoio capelluto un concentrato di fattori di crescita ricavati dal plasma sanguigno per rinvigorire i centri nevralgici del capello. Alcuni studi scientifici internazionali hanno dimostrato che questo trattamento è in grado di favorire il rinvigorimento dei capelli e una ricrescita sostanziale in circa l’80% dei casi, mentre in altri appare del tutto inutile.

«È stato osservato che la riuscita di questa tecnica dipende molto dalla preparazione utilizzata per isolare i fattori di crescita dal plasma. Anche il semplice utilizzo della centrifuga per isolare il plasma arricchito di piastrine può avere influenza sui risultati del trattamento» sottolinea Di Pietro. Il consiglio generico per coloro che intendono sottoporsi a PRP, pertanto, è quello di riferirsi sempre a centri specializzati e autorizzati a questo trattamento, che in alcuni regioni italiane necessita di un via libera da parte di un centro trasfusionale ospedaliero.

Nuove frontiere della ricerca

«La PRP funziona con maggior successo nelle fasi iniziali, in cui si riesce ad arrestare la perdita dei capelli e a rinvigorire quelli presenti. In caso di calvizie in fase avanzata, la terapia ha scarsi risultati poiché i bulbi sono ormai in fase di atrofia» avverte Di Pietro.

Le ricerche in corso per affinare questa tecnica sono molte: alcune prevedono l’utilizzo combinato di fattori di crescita ricavati da batteri al fianco della PRP, altre si concentrano sulla tecnica di iniezione del plasma arricchito di piastrine nel cuoio capelluto. «Stanno aumentando i lavori scientifici che dimostrano la possibilità di far penetrare queste sostanze attraverso la pelle senza utilizzare gli aghi, attraverso la tecnica dell’elettroporazione, che permette di far penetrare nella pelle i fattori di crescita attraverso un debolissimo campo elettrico, risparmiando così il fastidio della puntura» sottolinea Di Pietro.

Ma le nuove frontiere della ricerca guardano anche alla possibilità di restituire una chioma naturale anche a coloro che l’hanno persa da molto tempo. La promessa in questo caso arriva dalla medicina rigenerativa e dall’utilizzo di cellule staminali ricavate dalla pelle o da altri tessuti del corpo per stimolare la crescita di capelli dove ormai non ce ne sono più. Al momento sembra fantascienza ma in futuro potrebbe diventare un trattamento di routine.


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