Per il momento, può apparire come una conseguenza in grado soltanto di minare la qualità della vita. Ma la necessità di fare «pipì» con maggiore frequenza che avvertono i lavoratori notturni, potrebbe essere anche la spia di qualcosa che non torna nello stato di salute complessivo.
L’ipotesi, avanzata già da diverse ricerche che hanno evidenziato un maggiore rischio di sviluppare depressione, malattie cardiovascolari e tumori da parte di chi è abituato a lavorare dall’ora di cena fino all’indomani mattina, ha trovato un ulteriore riscontro in uno studio presentato nel corso del congresso della Società Europea di Urologia. L’aspetto più significativo è che il disagio non riguarda soltanto le persone avviate verso la terza età, se il campione dello studio era rappresentato da uomini e donne con meno di 50 anni.
Chi lavora di notte fa «pipì» più spesso
È presto per affermare quali possano essere le cause dell’aumentata frequenza urinaria o le possibili conseguenze per la salute. Ma secondo Cosimo De Nunzio, urologo dell’ospedale Sant’Andrea di Roma e coordinatore della ricerca presentata a Barcellona, «i dati raccolti irrobustiscono la lista di elementi che vedrebbero la salute dei lavoratori notturni più a rischio rispetto a quella di tutti gli altri».
Una riflessione maturata dopo aver osservato quasi 140 giovani medici e infermieri del nosocomio capitolino, divisi pressoché equamente: tra chi abitualmente lavorava seguendo un orario tradizionale e coloro che invece erano reduci dalle guardie notturne (della durata di almeno 11 ore). Mediamente chi lavorava dall’ora di cena in avanti, registrava la necessità di andare in bagno «più di frequente e con un’urgenza improvvisa», aggiunge lo specialista. Difficile dire se questa necessità sia divenuta tale a seguito di alcuni comportamenti: come il probabile aumentato consumo di caffè e acqua nelle ore serali. Di certo, però, c’è che «spesso chi lavora di notte ha uno stile di vita complessivamente meno vicino a quelle che sono le indicazioni dei medici».
Questo perché recuperare le ore di sonno durante il giorno è pressoché impossibile. E, come dimostrato a più riprese, meno si dorme, più si mangia e maggiore diviene il diametro del girovita. Con tutti ciò che poi ne può conseguire, non soltanto a livello estetico.
Maggiore attenzione alla salute dei lavoratori notturni
Una vita più «sballata» rischia dunque di avere ripercussioni anche sulla salute urologica. Nemmeno l’età, in questo caso, s’è rivelata una discriminante. Quando si pensa a una vescica che fa le bizze, si immagina sempre di avere di fronte una persona anziana. Ma la tendenza, nello studio in questione, è stata osservata in persone di 40 anni e abituate a svolgere una professione che, mediamente, sul lavoro porta a un maggiore rispetto degli orari e all’adozione di uno stile di vita equilibrato. Motivo per cui è difficile immaginare uno scenario diverso per quanto riguarda i tassisti, gli autotrasportatori, gli operai delle fabbriche a ciclo continuo, gli educatori, i vigilanti e le forze dell’ordine.
«Questi dati devono indurci a indagare più a fondo le abitudini e lo stato di salute dei nostri pazienti, nel momento in cui ci dicono che spesso lavorano di notte - chiosa lo specialista -. Porteremo avanti la ricerca per capire se il ripristino di un orario di lavoro diurno determini una riduzione di quanto osservato. Questo è un aspetto importante perché, qualora ciò non accadesse, dovremmo considerare questi lavoratori esposti a un peggioramento della qualità della vita irreversibile».
Twitter @fabioditodaro