La Chikunguya sta spaventando il litorale laziale, dopo che tre infezioni sono state riscontrate ad Anzio. Ma di cosa si tratta? C'è davvero da preoccuparsi?

Il primo caso riscontrato di chikunguya nella storia risale al 1952, in Tanzania. Da allora sono state varie le epidemie di questa malattia virale simile all'influenza: soprattutto in Asia e Africa, ma anche in Europa. Proprio in Italia, per la precisione in Emilia Romagna, nel 2007 furono notificati i primi casi autoctoni.

La chikunguya a un occhio non esperto somiglia a un'influenza: febbre alta, brividi, vomito. Chikunguya in swahili significa «ciò che contorce», come i movimenti dovuti ai dolori alle articolazioni che provoca e che possono perdurare mesi, anche una volta guariti. Il periodo di incubazione è di 3-12 giorni e di solito tutto si risolve spontaneamente in breve tempo. Raramente la chikunguya è mortale, più che altro in soggetti già affetti da altre patologie o anziani.

A diffondere il virus è un particolare tipo di zanzara, la Aedes, presente soprattutto in zone rurali. L'insetto appartiene alla famiglia delle togaviridae, la stessa della zanzara tigre. E anche quest'ultima, ormai stanziale in alcuni centri italiani, sarebbe portatrice dell'infezione.

La chikungunya non si può trattare se non con anti piretici, anti infiammatori e riposo. Non c'è un vaccino, insomma, anche perché in genere non si tratta di una malattia letale.


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