Storia di un successo di sport e medicina: Daniela De Rossi, 13 anni, ha vinto quattro medaglie olimpioniche ai Campionati per trapiantati in corso a Malaga. La campionessa è una piccola paziente del Policlinico Umberto I di Roma, seguita per un'insufficienza renale cronica da circa quattro anni da Riccardo Lubrano, responsabile della Nefrologia pediatrica, e sottoposta a trapianto di rene due anni fa da Pasquale Berloco, direttore del Dipartimento assistenziale integrato Cardio toraco-vascolare e trapianti e direttore della Uoc Trapianti d'organo.

Daniela, portabandiera della squadra italiana, è la sportiva più piccola che si è presentata ai giochi, aggiudicandosi un oro per 100 stile libero e 100 delfino, argento nei 40 farfalla e bronzo nei 200 stile libero.
«Il caso di Daniela dimostra che il trapianto fatto con un'idonea preparazione e con un idoneo follow-up riporta i
bambini nefropatici ad una vita pienamente normale - sottolinea Lubrano - Nella nefrologia pediatrica del Policlinico - spiega - vengono seguiti circa 2 mila bambini, nella maggioranza dei casi per uropatie malformative del neonato e un'altra parte per malattie glomerulari. Daniela che già prima di ammalarsi faceva sport agonistico, quest'anno ci ha chiesto di poter partecipare ai campionati mondiali per trapiantati, e, visti i buoni risultati del trapianto e dopo tutti gli accertamenti, abbiamo garantito per la sua idoneità fisica».

«Questa bambina che era in dialisi da qualche anno e che tre giorni alla settimana veniva attaccata a una macchina, con il trapianto di rene, ricevuto dalla mamma, ha ripreso completamente le sue attività fisiche e funzionali - ribadisce Berloco - Al Policlinico abbiamo trapiantato più di 50 bambini, dai tre ai 16 anni d'età. In circa il
50% dei casi il trapianto è stato fatto da donatore vivente, i genitori molto spesso, il resto da cadavere. La lista d'attesa dei bambini in dialisi, in Italia, è molto breve: esiste un programma nazionale di precedenza ai trapianti e, quindi, sono bambini che facilmente oggi vengono trapiantati, anche perché - conclude - molto spesso lo facciamo dai genitori per evitare il trauma della dialisi».

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