I pazienti affetti da demenza evidenziano un complesso quadro di sintomi non cognitivi che comprendono aggressività verbale e fisica, agitazione, sintomi psicotici quali allucinazioni, idee maniacali, disturbi del sonno, vagabondaggio. Secondo le stime disponibili tale sintomatologia, con un quadro di intensità più o meno lieve, interessa circa 6 pazienti dementi su 10.

Per affrontarla è importante partire da quella che è la quotidianità di ogni paziente poiché i disturbi comportamentali sono spesso associati a cambiamenti della routine giornaliera. E’ fondamentale, per questo, cercare di rassicurare il paziente in ogni suo gesto grande o piccolo che sia. «E’ importante intervenire sull’ ambiente di casa e sull’approccio al paziente, attraverso la strutturazione di una routine giornaliera costante che lo rassicuri andando anche a eliminare fonti di stress ambientale quali possono essere rumori, o anche la presenza di specchi dove il paziente può non riconoscersi, fornendogli così un ambiente tranquillo e garantendo la sua sicurezza rimuovendo ostacoli, oggetti ingombranti e barriere architettoniche, e coinvolgendo il paziente in attività a lui piacevoli e appropriate al livello di declino cognitivo. - Chiarisce Piero Secreto medico geriatra e Direttore Struttura Complessa di Geriatria, U.O. Alzheimer e altre Demenze dell'Ospedale Fatebenefratelli di San Maurizio Canavese, oltre che membro del Comitato Scientifico dell'Associazione Alzheimer Piemonte - Il soggetto con demenza con grave compromissione cognitiva e vagabondaggio continuo è più al sicuro, per esempio, se può deambulare in una stanza priva di suppellettili, mentre la persona con demenza con lievi o moderati deficit cognitivi vive meglio in un ambiente domestico adattato al suo consueto stile di vita, con uno spazio personale come può esserlo una poltrona, un posto a tavola e un luogo in cui ritirarsi se lo ritiene opportuno».

Utilità degli psicofarmaci

In presenza di una diagnosi di demenza, in assenza di sintomi non cognitivi come ci si comporta, da un punto di vista strettamente farmacologico? A rispondere in maniera inequivocabile è l’esperto: «In assenza di disturbi comportamentali non è mai corretto ricorrere agli antipsicotici, tanto meno per “prevenire” possibili disturbi caratteristici della demenza, ma che non si sono mai avuti nella storia del paziente. Anche quando sono presenti disturbi è giusto far precedere alla scelta farmacologica quando possibile, interventi ambientali o di approccio comportamentale attraverso tecniche di rassicurazione, sapendo però che rispondono difficilmente agli psicofarmaci alcuni disturbi comportamentali, quali il girovagare afinalistico, l’attività motoria aberrante, abnormi comportamenti alimentari, vocalizzazioni.

Quando il comportamento è particolarmente agitato, e il disturbo causa disagio o sofferenza al malato (angoscia, agitazione incoercibile), è altamente dirompente, pericoloso per il malato stesso o gli altri, con scarsa possibilità di modificarlo con tecniche di rassicurazione, allora è doveroso ricorrere agli psicofarmaci per controllare la sintomatologia». Molto spesso l’agitazione del paziente può essere dovuta alla presenza di malattia intercorrente, di solito infezioni vescicali o malattie respiratorie,o alla riacutizzazione di una malattia cronica di accompagnamento, alla comparsa di febbre, a stipsi ostinata, alla presenza di dolore. Quando il paziente viene a sviluppare tali disturbi, possono comparire improvvisamente confusione ed agitazione. Ecco quindi che è necessario escludere , e curare, ogni altra possibile causa oltre alla demenza.

Antipsicotici: tipici e atipici

Quando si parla di antipsicotici tipici ci si riferisce ai primi immessi in commercio, quelli cioè di vecchia generazione quali promazina, clorpromazina, aloperidolo: si utilizzano ancora molto per la gestione dei disturbi comportamentali nella demenza, soprattutto nelle fasi più acute, per la loro presunta maggior maneggevolezza e versatilità e anche per la loro maggior facilità di prescrizione. Oltre a questi si possono usare i nuovi antipsicotici, i cosiddetti atipici che inducono effetti collaterali significativamente minori rispetto ai tradizionali quali quetiapina, risperidone, olanzapina. Sono caratterizzati da una migliore selettività di azione neuro recettoriale a livello del sistema nervoso centrale, e consentirebbero, soprattutto al paziente in trattamento prolungato, di avere una migliore tollerabilità al farmaco con una più adeguata adesione terapeutica e un conseguente miglior risultato clinico.

«Nonostante ciò, nessuna molecola è ideale, efficace su tutti i pazienti e priva di effetti collaterali. Ogni malato, inoltre, è diverso dall’altro, in termini di gravità di sintomi e di risposta alle cure farmacologiche e nella pratica clinica vediamo un’elevata variabilità interindividuale di risposta alla terapia ed eterogeneità nell’insorgenza degli effetti collaterali –. Spiega ancora il professor Secreto che precisa - Anche gli antipsicotici atipici,pertanto, oltre che per la loro efficacia, sono distinguibili sulla base degli effetti collaterali che possono provocare: sedazione, disturbi della deambulazione, cadute, aumento di peso, ipotensione, aritmie cardiache. Il differente profilo di tollerabilità è sempre un importante elemento da prendere in considerazione nella scelta del composto da impiegare nel singolo paziente, specialmente nella popolazione anziana particolarmente sensibile agli effetti farmacologici».

Utilizzo off label

Agli inizi degli anni 2000 gli organi preposti a vigilare sulla bontà dei trattamenti farmacologici quali FDA, EMEA e AIFA hanno emanato dei richiami, warning, poiché il trattamento con antipiscotici atipici e tradizionali per i disturbi comportamentali e psicotici nella demenza sembravano essere associati a un maggior rischio di eventi cerebrovascolari nei pazienti trattati. Ad oggi secondo il quadro normativo vigente in Italia i soliti antipsicotici tipici e atipici, indicati per il trattamento della demenza sono l’aloperidolo, lo zuclopentixolo e la clozapina. «Ciononostante antipiscotici tipici e atipici continuano a essere correntemente prescritti “off label”(al di fuori pertanto delle condizioni formalmente autorizzate) dagli specialisti e dai centri che si occupano della presa in carico del paziente con demenza, sia per la mancanza di valide alternative terapeutiche sia per il fatto che gli studi di inizio 2000 su cui si basano questi richiami cominciano ad essere messi in discussione nella loro validità scientifica. – Aiuta a capire l’esperto che aggiunge- La prescrizione degli antipsicotici “off label” viene comunque effettuata secondo un programma di “Farmacovigilanza Attiva” dell’ AIFA che prevede che “la prescrizione dei farmaci antipsicotici nella demenza dovrà essere effettuata attraverso i centri specialistici autorizzati, identificati dalle Regioni, con la procedura di rimborsabilità da parte del SSN, in regime di distribuzione diretta, monitorando ogni paziente sull’ insorgenza di eventuali effetti collaterali. è necessario pertanto, quando si ritiene opportuno utilizzare gli antipsicotici come prima cosa scegliere i farmaci in base al profilo degli effetti collaterali, iniziando la terapia quando possibile con una dose bassa e raggiungere gradualmente il dosaggio clinicamente efficace e prevedere poi la sospensione o riduzione del farmaco dopo che il sintomo è stato controllato, senza se possibile continuare la prescrizione ad vitam».

Utilizzo delle benzodiazepine

Il paziente con demenza, in alcuni momenti può apparire apprensivo, talora impaurito o con veri attacchi di panico. Il livello di ansia che si può riscontrare in questi pazienti non è tanto correlato con la gravità del deterioramento cognitivo, ma piuttosto con la consapevolezza che il paziente ha ancora di se stesso e dei suoi sintomi cognitivi che lo portano a temere di sbagliare e di non riuscire più a fare quello che prima faceva correttamente. Ecco perché l’ansia può riscontrarsi più di frequente nelle fasi iniziali e intermedie di malattia, pur potendo restare un sintomo anche nelle fasi più avanzate. Per placare l’ansia di solito si ricorre alla prescrizione di farmaci appartenenti alla famiglia delle benzodiazepine, una classe che vanta un’azione sia sedativa sia ipnotica cioè di conciliazione del sonno. «Nel trattamento acuto dell’ansia le benzodiazepine rappresentano ancorai farmaci di prima scelta, mentre nella terapia prolungata dell’ansia possono essere considerate valide alternative ad altri farmaci di primo impiego come trazodone o antidepressivi. Anche i disturbi del sonno sono spesso frequenti nel paziente con demenza, e le benzodiazepine possono essere un valido aiuto nella gestione di questo problema, scegliendo quelle a più breve emivita come per esempio l’Alprazolam, il bromazepam, il lorazepam, o l’oxazepam una volta rimosse le eventuali cause alla base dei disturbi del sonno e aver messo in atto possibili interventi ambientali o strategie comportamentali appropriate. Anche in caso di moderata agitazione psicomotoria in fase acuta le benzodiazepine possono rappresentare una valida alternativa ad altri farmaci di primo impiego, usando l’accortezza che le benzodiazepine nel paziente anziano con demenza devono essere somministrate a basso dosaggio e per periodi limitati» conclude l’esperto.