La gestione del dolore è di cruciale importanza per il malato. Sono 12 milioni di italiani che, tra mal di schiena e artrite, emicrania e postumi di interventi chirurgici, soffrono di dolore acuto e persistente, sperimentato almeno una volta nella vita dal 90% degli italiani.

Ancora oggi tuttavia è questo un punto debole e il dolore viene spesso trattato inadeguatamente. Di medicina del dolore si è parlato al congresso «Unmet Needs in Pain Medicine», a Berlino e co-organizzato dalla Fondazione Internazionale Menarini, dall’Ospedale Universitario Charité di Berlino e dalla Fondazione Paolo Procacci.

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paolo russo

«Da molti anni il percorso della terapia antalgica – spiega Giustino Varrassi, co-presidente del congresso e presidente del World Institute of Pain (WIP) - prevede una scala antalgica con tre passaggi progressivi, partendo dall’uso di antinfiammatori non steroidei per poi passare agli oppioidi deboli e quindi ai forti, ma serve un approccio diverso, che preveda una valutazione attenta delle cause scatenanti il dolore e la possibile terapia con associazioni di principi attivi. Secondo le più recenti evidenze i farmaci vanno scelti non tanto sulla base dell’intensità del dolore, ma secondo i loro meccanismi di azione, per proporre il prima possibile la terapia «su misura» più appropriata. Così facendo, infatti, si può migliorare il decorso clinico del paziente, evitare la cronicizzazione del dolore e garantire gli stessi effetti con dosaggi inferiori e minori eventi avversi».

Il sollievo al dolore è un diritto del malato, continua il dottor Varassi. «Basti pensare che a nove anni dall’entrata in vigore della legge 38/2010, oltre il 60% degli italiani non la conosce e il 70% non sa che le strutture sanitarie sono tenute a misurare il dolore e ad annotarlo nella cartella clinica, unitamente alla terapia prescritta e ai risultati ottenuti. Serve una maggiore consapevolezza e un impiego più adeguato delle armi a disposizione contro il dolore».

Tra cui anche gli oppiodi, spesso temuti anche per lo scandalo statunitense di farmaci legali e iper-prescritti da medici che hanno portato i pazienti alla dipendenza e anche alla morte per overdose. Oltreoceano le inchieste continuano, ma va detto che da noi la situazione è diversa. Il consumo medio in Europa è di 5 euro per abitante, in Germania 9,68 euro e in Italia 1,6 euro.

Di questo ha parlato Joseph Pergolizzi, dell’Ente di Ricerca Nena Reserch a Naples in Florida, sostenendo che la lezione da imparare dalla cosiddetta «crisi degli oppiodi» statunitense «non è quella di evitare tout-court l’uso di questi farmaci importantissimi nella gestione di alcuni tipi di dolore. Bensì promuoverne l’utilizzo nei casi in cui sono realmente necessari, rendere i medici consapevoli delle possibili interazioni, in modo da contenere il rischio di dipendenza e migliorare il profilo di sicurezza. Per citare Voltaire, non ci sono farmaci sicuri ma un modo sicuro di usarli».

Tra i temi affrontati anche quello dell’utilizzo della cannabis terapeutica: le evidenze di efficacia ci sono per indicazioni come epilessia, nausea e sclerosi multipla, ma non è così «rispetto all’utilizzo come antidolorifico» ha detto il co-presidente del congresso Michael Schäfer, del Dipartimento di Anestesiologia Ospedale Universitario Charité di Berlino, «gli studi scientifici fino ad oggi realizzati, infatti, sono stati effettuati su piccoli gruppi di pazienti o per periodi di tempo ridotti. Ne servono di più mirati».