Oggigiorno, le vittime provocate dalla cattiva alimentazione sono più di quelle causate da droga, fumo e alcol messi insieme. Un problema non di poco conto, che viaggia a braccetto con quello legato alla sostenibilità. Sulla Terra, al momento, ci sono sette miliardi di persone: di cui tre non in grado di alimentarsi in maniera adeguata. Produrre cibo per così tante persone aumenta la temperatura globale, compromette la biodiversità, inquina e consuma suolo e acqua più di quanto la terra e i mari possano sopportare. E la situazione non è destinata a migliorare, considerando che per il 2050 si stima che sul Pianeta ci saranno almeno nove miliardi di persone. Da qui la decisione assunta da due grandi istituzioni scientifiche quali il Mario Negri di Milano e l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Dalla sinergia è nato l’Istituto Italiano per la Salute Globale: un ente pronto a promuovere la ricerca scientifica con l’obiettivo di identificare i nutrienti che hanno maggiore impatto sulla longevità e sulla salute della popolazione e dei singoli individui. A presiederlo Carlo Salvatori, i due vice saranno invece Giuseppe Remuzzi (direttore del Mario Negri) e Walter Ricciardi (ordinario di igiene generale e applicata all’Università Cattolica ed ex presidente dell’Istituto Superiore di Sanità).

Un «inter-centro» per studiare l'alimentazione

I primi progetti vedranno i ricercatori impegnati nello studio dei fattori che incidono sull’invecchiamento in salute della popolazione, partendo dalla mappatura dell’Italia. Le analisi si focalizzeranno sulle differenze dei determinanti dal punto di vista, genetico, biologico, molecolare, epidemiologico e ambientale. Questa sarà poi proiettata a livello internazionale, con particolare attenzione alla realtà del Giappone: nazione che vanta un’elevata longevità come l’Italia, pur presentando abitudini alimentari molto diverse. Nella rosa dei progetti anche la ricerca di modelli alimentari (con l’obiettivo di stabilire il rapporto tra diversi componenti alimentari nell’influenzare la salute dell’uomo), lo sviluppo di modelli di predizione e valutazione dell’impatto di sistemi alimentari sostenibili sul cambiamento climatico e la ricerca sulle tradizioni e abitudini alimentari su scala globale. «Diversi aspetti contribuiscono a rendere l’Italia un laboratorio ideale per sviluppare un progetto che dovrà avere un impatto globale - commenta Remuzzi -. L’Italia, secondo l’Istat, è il primo Paese più longevo in Europa. Questo è senz’altro il risultato della presenza di un Servizio Sanitario che rende accessibile il diritto alla salute a tutti gli italiani. Ma non dobbiamo dimenticare che il nostro Paese ha una tradizione alimentare nella dieta mediterranea che contribuisce a una sensibile riduzione di diverse malattie, come quelle cardiovascolari e i tumori».

La dieta come farmaco

L’Istituto si avvarrà delle competenze presenti all’interno della Cattolica e del Mario Negri, ma intende aprirsi a collaborazioni nazionali e internazionali per promuovere un’alimentazione sana e sostenibile e per approfondire le correlazioni tra cambiamento climatico e salute. «Puntiamo a prevenire o quanto meno mitigare gli effetti del riscaldamento globale e favorire un’agricoltura all’altezza delle sfide demografiche ed epidemiologiche del Pianeta», aggiunge Ricciardi. L’Istituto Italiano per la Salute Globale punta a creare un network con l’Human Technopole, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e con tutti gli istituti di ricerca che operano nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale. «Esamineremo differenti modelli alimentari per sapere quante sostanze ci sono negli alimenti più comuni, con attenzione ai cibi meno costosi, consumati dai più poveri - conclude Ricciardi -. Sono soprattutto loro ad ammalarsi, perché mangiano male».

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