Se siamo stressati, vediamo tutto nero. La conferma arriva dalla ricerca scientifica: l’ansia influisce negativamente sulla capacità di valutare e di elaborare le cattive notizie. Lo fa mettendo letteralmente fuori uso la nostra naturale tendenza all’ottimismo, il cosiddetto «bias (o pregiudizio) dell’ottimismo», che ci spinge a leggere come positivi gli eventi, anche quelli ad esito incerto, e a sottostimare la possibilità di un accadimento nefasto in futuro.
Come cambia il nostro modo di elaborare le informazioni in nostro possesso a seconda del livello di stress che proviamo quando ci sentiamo minacciati è quanto ha indagato la professoressa Talit Sharot, responsabile dell’Affective brain lab dell’University College di Londra, dove studia in che modo emozioni e motivazioni influiscono su cognizione, comportamento e apprendimento.
«Le persone sono tutte generalmente ottimiste, ignorano le cattive notizie e abbracciano quelle positive. Ma, sotto stress, emerge un diverso modello comportamentale. Diventano attenti e vigili alle cattive notizie, anche quando riguardano aspetti totalmente slegati, che non hanno nulla a che fare con la loro ansia» ha detto la professoressa Tali Sharot, autrice del libro «Il bias dell’ottimismo. Perché siamo nati per guardare al lato positivo» e responsabile del lavoro appena apparso sulla rivista The Journal of Neuroscience.
PENSARE POSITIVO: È UN BENE O UN MALE?
L’innata propensione all’ottimismo riguarda il futuro privato di ciascuno ed è quanto ci fa sistematicamente ignorare, ad esempio, le statistiche che descrivono la realtà (ad esempio quando davanti al dato che una donna su otto si ammala di tumore al seno nel corso della vita, pensiamo sotto sotto che non toccherà certo a noi).
Da una parte, questo atteggiamento ci consente di andare avanti con motivazione, sopportando le difficoltà e pregustando in anticipo le soddisfazioni per la realizzazione futura delle nostre aspettative. D’altra parte, però, può diventare nocivo se si spinge troppo in là, fino a farci sottostimare i reali rischi che corriamo. Per questa ragione, il gruppo di Talit Sharot indaga le condizioni che alterano questa nostra naturale tendenza a interpretare in modo ottimistico le informazioni in nostro possesso e a pensare positivo.
LO STRESS RENDE PIÙ ATTENTI ALLE CATTIVE NOTIZIE
Lo studio, condotto prima in laboratorio su un gruppo di soggetti e poi replicato su un secondo gruppo di persone nella vita reale (pompieri in servizio in una stazione del Colorado), ha dimostrato che gli individui quando sono molto stressati sono più propensi a prestare attenzione ai segnali di pericolo e smettono di ignorarli. Quando dovevano valutare la probabilità di essere vittima di un evento negativo, le persone più rilassate tendono a sottostimare la minaccia, anche quando il rischio di incapparvi veniva loro esattamente quantificato.
Invece, i soggetti con elevati livelli di stress (naturale o provocato dai ricercatori) davano valutazioni iniziali più pessimistiche sull’eventualità che un evento negativo potesse accadere loro e continuavano a vedere nero anche quando venivano svelate le reali probabilità di tale accadimento.
Nello studio, scrivono gli autori «dimostriamo che il meccanismo che genera il pregiudizio dell’ottimismo, ovvero l’integrazione asimmetrica di informazioni, evapora quando il soggetto si sente minacciato. Tale flessibilità potrebbe comportare una maggiore cautela in ambienti pericolosi, pur sostenendo al contempo il pregiudizio dell’ottimismo».
Come spiega il co-autore principale Neil Garrett, oggi alla Princeton University, «di fronte a una minaccia, si innesca una reazione di stress e aumenta la capacità di conoscere i pericoli, cosa che che potrebbe essere desiderabile. Al contrario, in un ambiente sicuro sarebbe dispendioso essere costantemente in allerta. Una certa dose di ignoranza può aiutare a mantenere la mente a proprio agio». Esisterebbe insomma una sorta di interruttore che automaticamente aumenta o diminuisce la nostra capacità di elaborare i segnali di pericolo quando ci sentiamo minacciati. L’importante è esserlo per davvero.