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I medici lo sanno bene: con il freddo, il rischio di trovarsi di fronte un paziente con un infarto del miocardio aumenta. Ma alcune precauzioni vanno prese anche nel corso della bella stagione. Vero è che, nel complesso, il numero di infarti che si registra durante l’estate è più basso. Occorre però considerare che, fino al 21 settembre, sarà meglio prestare attenzione alle ore notturne.

A partire dalle 18 e fino alle 6 della mattina, infatti, le probabilità di avere un infarto sarebbero più alte rispetto al resto della giornata, che siamo abituati a trascorrere in ufficio (finché si lavora), al mare o in montagna (durante le vacanze).

DAL GIORNO ALLA NOTTE

L’indicazione relativa alle ore notturne emerge da uno studio pubblicato sul «Journal of the American Medical Association», che ha certificato un aumento dei casi più gravi di infarto: quelli in cui si registra l’ostruzione di una coronaria fino all’arresto totale (e non parziale o provvisorio) del flusso sanguigno nel tessuto cardiaco. Nel gergo, si parla di infarto «Stemi»: perché nell’elettrocardiogramma si registra un’alterazione tipica nota come «sopraslivellamento del tracciato nel tratto denominato ST».

Nello studio, a cui hanno preso parte anche diversi ricercatori italiani, sono stati inclusi 2270 pazienti colpiti da un infarto della tipologia indicata, provenienti da differenti latitudini: italiani, cinesi, scozzesi, finlandesi, giapponesi, australiani e cittadini di Singapore.

Nessuna ricerca in precedenza aveva indagato lo spostamento, il cosiddetto «summer shift» del numero di infarti dal giorno alla notte nel periodo estivo. Sarebbe l’intensità della luce, piuttosto che la sua durata, a determinare questa variazione nel rapporto tra infarti nelle ore diurne rispetto a quelle notturne. Dalle analisi dei pazienti di Singapore, Paese sull’equatore, dove non vi è una vera e propria stagione estiva, è stato riscontrato questa oscillazione giornate con maggiore intensità della luce solare (le giornate con minore nuvolosità).

CORRELAZIONE DA CHIARIRE

Enrico Ammirati, cardiologo del De Gasperis Cardio Center dell’ospedale Niguarda di Milano e tra gli autori dello studio, spiega: «Abbiamo provato a studiare quei possibili fenomeni o relazioni che associano l’insorgenza dell’infarto miocardico con eventi naturali complessi come la cronobiologia. Non sono infatti ancora chiariti i fattori precipitanti per cui l’infarto miocardico acuto si verifichi in un momento della vita di un individuo rispetto ad un altro momento».

Le ricadute pratiche di questa evidenza cardiologica? «Se un numero maggiore di infarti avvengono durante la notte, potrebbe potenzialmente esserci un ritardo maggiore tra il momento in cui ci si rende conto di avere un infarto e l’arrivo in ospedale per ricevere le cure appropriate», prosegue lo specialista.

Lo studio, di tipo osservazionale, non spiega i meccanismi complessi alla base dell’oscillazione del numero di infarti nelle ore notturne nel periodo estivo. «Saranno necessarie prima di tutto nuove ricerche che confermino tale osservazioni, magari includendo altri Paesi - dice Ammirati -. È noto che la produzione di alcuni ormoni come il cortisolo e la melatonina sia influenzata dall’esposizione alla luce, ma non sappiamo se possano giocare un ruolo in questo caso specifico. In questo quadro anche lo smog ambientale potrebbe avere una correlazione: ancora tutta da approfondire».

Twitter @fabioditodaro