La febbre è il sintomo con cui l’organismo umano segnala che sta iniziando una battaglia per contrastare un’infezione virale o batterica: l’aumento della temperatura viene attuato a livello centrale (nell’ipotalamo) per permettere alle difese immunitarie di scalzare più facilmente i microorganismi responsabili di infezioni.
Una temperatura più elevata, infatti, accelera tutte le reazioni metaboliche e impedisce il corretto svolgimento di molte delle reazioni essenziali per la sopravvivenza di virus o batteri. Per aumentare la temperatura corporea l’organismo umano mette in atto tutta una serie di meccanismi come i brividi, ovvero la contrazione ritmica di tutti i piccoli muscoli disposti alla base di ognuno dei nostri peli, al fine di raggiungere la temperatura decisa dall’ipotalamo e la vasocostrizione a livello di mani e piedi, che sono freddi proprio perché il sangue viene veicolato verso le zone centrali del corpo. E’ questo il motivo per cui mentre la febbre sta salendo le mani e i piedi sono freddi, mentre quando non sale più anche le estremità diventano bollenti. «Il rialzo della temperatura corporea è quindi un segno che l’organismo sta attuando i propri meccanismi di difesa contro un’infezione e non è essa stessa la malattia - chiarisce il professor Gian Vincenzo Zuccotti, Direttore della Clinica Pediatrica dell’Università presso l’Ospedale dei Bambini di Milano, Vittore Buzzi, -pertanto è normale aspettarsi che persistano rialzi febbrili finché il processo infettivo che li ha determinati non sarà del tutto esaurito».
Perché il sintomo spaventa così tanto
Il rialzo febbrile è vissuto con angoscia soprattutto tra i genitori: la loro più grande paura è che la febbre salga così tanto da indurre le convulsioni, ed è questo il motivo principale che li spinge a volerla abbattere già ai primi decimi. Le convulsioni, in realtà, tendono a comparire solo nei bambini predisposti e talvolta neppure in concomitanza di temperatura corporea particolarmente elevata; in ogni caso, stroncare immediatamente il rialzo febbrile con gli antipiretici da banco non riduce l’incidenza di convulsioni.
Le linee guida della Società Italiana di Pediatria (SIP) chiariscono, come ribadisce anche il professor Alberto Villani, presidente SIP, che: «Nei bambini la febbre va assolutamente abbassata quando si accompagna a malessere diffuso e non se la temperatura è superiore ai 38,5 °C; se il piccolo continua a giocare non c’è da preoccuparsi troppo, mentre è necessario usare un antipiretico se il bambino piange in maniera inconsolabile, se è sonnolento o confuso. È bene precisare, infine, come una corretta informazione sui temi di salute rappresenti un contributo essenziale per innalzare la qualità dell’assistenza. La febbre molto alta, per esempio, è tra i sintomi di meningite ma non è il solo: non occorre allarmarsi e correre al pronto soccorso solo perché la febbre è elevata » .
I farmaci da usare
Per quanto riguarda i farmaci, in pediatria si possono usare esclusivamente il paracetamolo o l’ibuprofene (meglio se per via orale, poiché è più facile dosarli correttamente in base al peso effettivo del bambino). Tutti gli altri farmaci (come il cortisone o l’acido acetilsalicilico) non sono da impiegare, se non dietro espressa prescrizione medica.
Sia il paracetamolo che l’ibuprofene possono contare su un profilo di sicurezza ed efficacia che ne consente l’utilizzo come farmaci di automedicazione: è importante però, non mischiarli fra loro ovvero, se si inizia con l’uno, non passare all’altro se si pensa che la temperatura non sia scesa a sufficienza. È necessario anche rispettare gli intervalli di somministrazione (il paracetamolo può essere somministrato ogni 6 ore, mentre per l’ibuprofene è necessario aspettare 8 ore. Precisa ancora il professor Zuccotti: «È importante ricordare di non somministrare antibiotici per curare malattie febbrili senza averne avuta indicazione dal proprio Pediatra in seguito a una valutazione clinica del bambino».
Consigli pratici per il trattamento delle persone con febbre
Oltre all’impiego dei farmaci, quando strettamente necessario, può essere utile ricordare che i bambini non vanno mai coperti troppo quando non rabbrividiscono più, proprio per favorire la dispersione del calore e l’abbassamento della temperatura, così come è fondamentale farli bere per impedirne la disidratazione e favorirne il corretto smaltimento degli antipiretici che stanno eventualmente assumendo. I mezzi fisici per abbassare la temperatura come le spugnature fredde o con alcol, sono consigliate solo con temperatura superiore ai 41,5 °C, ovvero in caso di ipertermia, una situazione che può realizzarsi in caso di colpo di calore, per esempio.
Gestione della febbre negli adulti
«Anche nell’adulto vale il principio che la febbre è solo un sintomo e come tale va considerato - chiarisce il Prof. Massimo Galli, Direttore della Clinica di malattie Infettive dell’Università di Milano, Ospedale Sacco, Vice Presidente della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT)- L’uso degli antipiretici nelle forme virali di stagione va limitato al contenimento dei sintomi che si accompagnano alla febbre, come mal di testa, dolori di ossa e muscoli e sensazione di malessere generale che impediscono di riposare bene. Poiché non curano la malattia, ma si limitano ad agire sulla febbre, non ha in genere molto senso usarli “a copertura totale”, ma solo quando la febbre sale e con essa i “fastidi” di cui sopra. Anche per limitare le brusche riduzioni di temperatura, con sudorazione profusa e abbassamento di pressione. Nelle sindromi influenzali e in generale nelle virosi respiratorie la febbre dura tre-quattro giorni ed ha caratteristiche che in termini medici si definiscono intermittenti o remittenti : è cioè più bassa o assente al mattino e si alza la sera, di solito all’ora del te, che è un buon momento per prendere del paracetamolo, come pure, se febbre e fastidi persistono, prima di andare a dormire. L’uso di antibiotici in questi casi non è indicato e non influisce sull’andamento della malattia. La prescrizione dell’antibiotico va valutata dal medico ed è in genere limitata a situazioni particolari, a persone portatrici di altre malattie o al fondato sospetto di infezioni causate da batteri».
Cosa fare quando la febbre persiste per molti giorni
Il professor Galli tiene inoltre a precisare che: «Se la febbre alta persiste oltre i 4-5 giorni è opportuno consultare nuovamente il medico per gli esami e i provvedimenti del caso. Particolare attenzione va riservata a persone anziane, ai cardiopatici, ai portatori di malattie polmonari, inclusi gli asmatici, ai diabetici, ai grandi obesi e alle donne al terzo trimestre di gravidanza. In tutti questi casi l’influenza può assumere caratteri di particolare gravità, ed è quindi fortemente indicata la vaccinazione, che è prevista ogni anno in autunno anche per tutte le persone con più di 65 anni. Quest’anno il picco dell’influenza è stato registrato tra Natale e Capodanno, in netto anticipo rispetto all’anno scorso. Al 15 di gennaio erano stati segnalati al Ministero della Salute 94 casi gravi di influenza A, con 15 morti, purtroppo quasi tutti nelle categorie di persone per cui è prevista la vaccinazione e in cui la stessa non era stata attuata».
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