La fibrosi cistica è forse la più frequente fra le malattie rare: colpisce un neonato su 2500-2700, si eredita dai genitori e secondo le stime in Italia c’è un portatore sano ogni 25. Una coppia di portatori sani, a ogni gravidanza, ha una probabilità su quattro di generare un figlio malato. Le persone malate in Italia sono circa 6 mila con 200 nuovi casi l’anno. La malattia è determinata da un difetto della proteina CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator): questa proteina è essenziale per regolare gli scambi idroelettrolitici. Del gene che codifica per la proteina CFTR si conoscono circa 2.000 differenti mutazioni: a seconda delle mutazioni quindi, vi è un’espressione della malattia diversa. «L’essere affetti da fibrosi cistica significa produrre delle secrezioni disidratate ovvero del muco denso, generato dal trasporto non corretto di sodio e potassio nelle cellule.
Il muco denso non permette agli organi di funzionare come dovrebbero, in particolare le vie aeree sono molto esposte a contrarre infezioni di vario tipo. A soffrire della scarsa idratazione delle secrezioni in ogni caso, oltre all’apparato respiratorio sono anche il pancreas, il fegato, l’intestino e l’apparato riproduttivo nei maschi a causa dell’ostruzione dei dotti spermatici.
I pazienti affetti da fibrosi cistica hanno un’aspettativa di vita di circa 40 anni e purtroppo la loro qualità di vita è bassa» spiega Anna Cereseto dirigente del Laboratorio di virologia molecolare del Cibio (Dipartimento di Biologia Cellulare, Computazionale e Integrata) presso l’Università di Trento .
Una malattia non curabile
Non esistono, al momento, trattamenti risolutivi in grado di curare la fibrosi cistica, ma da qualche decennio a questa parte i pazienti affetti, dispongono di opzioni terapeutiche che permettono loro di diventare adulti. Un nuovo filone di ricerca per la cura definitiva di malattie genetiche come la fibrosi cistica prevede una cura basata sul riparo del difetto a livello del DNA.
Proprio in questo filone di ricerca si inserisce lo studio portato avanti da un gruppo di ricerca del Dipartimento Cibio dell’Università di Trento e finanziato dalla Fondazione Fibrosi Cistica italiana, che ha infatti dimostrato l’utilità della forbice molecolare, su cui sta lavorando con successo negli ultimi anni, per risolvere in maniera definitiva due delle mutazioni alla base della fibrosi cistica. La tecnica è chiamata «SpliceFix» perché ottiene la riparazione del gene (fix) e ripristina il corretto meccanismo genetico di produzione della proteina (splicing).
La forbice molecolare
A spiegare in che maniera è stata utilizzata nello studio la forbice molecolare Crispr-Cas è ancora la professoressa Cereseto «Crispr-Cas è una molecola derivata dai batteri per la loro difesa contro i virus tramite taglio del DNA virale. Dai batteri, Crispr-Cas, è stata modificata per funzionare anche in cellule superiori come quelle di mammifero. La tecnologia di editing genomico (riscrittura del DNA) tramite Crispr-Cas sta emergendo come la svolta nella cura di malattie genetiche in quanto può essere programmata per andare a tagliare in maniera precisa ed efficace sequenze del DNA alterate in malattie genetiche ereditarie».
«Nel nostro studio Crispr-Cas è stata usata per tagliare specifiche mutazioni che causano la fibrosi cistica. - Continua a spiegare l’esperta che chiarisce anche- In particolare il taglio viene eseguito in zone di regolazione del gene le quali in seguito a mutazione impediscono alla proteina codificata dal gene di essere prodotta. Togliendo la mutazione si vanno a ripristinare livelli normali della proteina».
L’altra particolarità significativa dello studio sta nel modello utilizzato per la realizzazione del progetto di ricerca. L’efficacia della forbice molecolare, infatti, è stata testata su organoidi anziché su modelli animali. In pratica gli organoidi sono stati sviluppati a partire da cellule dei pazienti affetti da fibrosi cistica, permettendo di verificare quanto precisa possa essere la forbice in grado di tagliare solo le sequenze mutate e lasciando intatto il DNA interessato dalla mutazione.
Ripercussioni dello studio presenti e future
Viste le premesse viene da chiedersi cosa cambi nell’immediato o cosa cambierà nel prossimo futuro per i pazienti con fibrosi cistica. A rispondere, concludendo, è ancora la professoressa Cereseto: «Il nostro studio dimostra che la strategia di genome editing basata su Crispr-Cas può essere utilizzata con successo per ripristinare il normale funzionamento del gene la cui mutazione causa la fibrosi cistica. Abbiamo aperto una prospettiva che dovrà essere seguita da altri avanzamenti. Principalmente deve essere trovato un sistema per portare in maniera efficace Crispr-Cas negli organi, in particolare i polmoni, dei pazienti affetti da Fibrosi Cistica. La nostra scoperta, rientra tra i numerosi avanzamenti fatti nei recentissimi anni nel campo della terapia genica per la cura di malattie genetiche grazie a Crisp-Cas. Un campo in rapidissima evoluzione».