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Con il termine premenopausa si indica il periodo che precede la menopausa definita come l’assenza da almeno un anno del ciclo mestruale. Questo periodo ha una durata variabile: secondo le stime dell’IMS International Menopause Society, può variare da qualche mese a 10 anni, per questo di media questa fase dura all’incirca 4 anni. La premenopausa, dunque, è una fase della vita della donna estremamente delicata poiché può caratterizzarsi per l’irregolarità dei cicli mestruali, che possono diventare particolarmente abbondanti e dolorosi anche ravvicinati, fino a comparire due volte nello stesso mese o diventare meno frequenti.

Il periodo può anche caratterizzarsi per la comparsa delle prime vampate di calore, per le sudorazioni notturne che possono interrompere il sonno frammentandolo e rendendolo di cattiva qualità. I primi cedimenti nei livelli circolanti degli estrogeni, inoltre, possono essere responsabili di un rallentamento generale del metabolismo che può portare alla propensione verso accumulo adiposo soprattutto su cosce e girovita. Possono comparire e accentuarsi i dolori muscolari e articolari poiché il calo degli estrogeni si ripercuote negativamente sulla salute osteoarticolare.

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Effetti sulla cognitività

Molti dei recettori per gli estrogeni sono dislocati anche a livello del sistema nervoso centrale: il calo dei livelli che si inizia a registrare già con la premenopausa, li lascia privi del loro legante naturale, ed ecco che può succedere che l’umore diventi ballerino con tristezza ricorrente, irritabilità, sentimenti che si inaspriscono se si dorme poco e male. Questo riassetto ormonale, del tutto fisiologico, può interessare anche le funzioni cognitive ovvero possono presentarsi disturbi dell’attenzione, compromissione della fluenza verbale e delle funzioni esecutive.

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«Secondo la teoria della estrogen withdrowal theory il fatto che nel periodo perimenopausale, cioè la fase che comprende la transizione menopausale precoce e tardiva e la postmenopausa precoce, si registri un aumento della possibilità di sviluppare depressione fino a 14 volte in più rispetto alla norma, dipende dalle fluttuazioni ormonali più che dal valore assoluto di estrogeni. –spiega Claudio Mencacci Direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli - Sacco di Milano, nuovo presidente della Società di Neuropsicofarmacologia (SINPF) - La depressione è una patologia complessa che non si sviluppa da un giorno a l’altro, per questo ogni donna non deve assolutamente sottovalutare nessuno dei sintomi cognitivi che possono presentarsi durante la premenopausa quali disturbi del sonno, facile irascibilità, disturbi di attenzione, concentrazione e memoria, la tendenza a una certa apatia che può preludere alla perdita del piacere di godere delle gioie grandi e piccole della vita».

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Un periodo delicato, dunque, ma da affrontare con serenità anche perché fa notare ancora l’esperto: « I sintomi cognitivi, sono comunque variabili da donna a donna e se curati nel modo giusto quando importanti, tendono a scemare e ridursi notevolmente. È bene tener presente che purtroppo in alcuni casi, possono anche peggiorare se sono indicatori di patologie neurodegenerative legate all’invecchiamento cerebrale e alla carenza estrogenica quali morbo di Parkinson o Mild Cognitive Impairment o morbo di Alzheimer. Per tutte però vale l’imperativo categorico di non trascurarsi a favore degli affetti familiari, ma di impegnarsi per cercare di svolgere regolarmente attività fisica adeguata e mantenere alta l’attenzione sull’adeguatezza della nutrizione. Allo stesso modo è importante poter disporre di una rete sociale efficace e di godere di una vita affettiva e professionale vivace».

Terapia farmacologica

Se i disturbi cognitivi tendono a presentarsi in maniera aggressiva in premenopausa e disturbano la qualità di vita di chi ne soffre, la terapia farmacologica può essere di notevole supporto, anche per meglio affrontare la perimenopausa: «Caso per caso è possibile valutare l’opportunità di assumere terapia ormonale sostitutiva. Nei casi nei quali questa via non sia percorribile, soprattutto in presenza di una diagnosi di depressione e in presenza di sintomi vasomotori, ovvero se sono presenti caldane e sudorazioni, si può valutare il ricorso all’uso degli antidepressivi SSRI (inibitori del reuptake della serotonina) o SNRI (Inibitori del reuptake della serotonina e noradrenalina)».

Oggi, infine, è possibile ottenere buoni risultati anche con l’utilizzo dei cosiddetti antidepressivi multimodali, come la vortioxetina come conclude l’esperto:«Questa molecola è capace di aumentare i livelli delle monoamine coinvolte nella depressione, intervenendo non solo sul trasportatore della serotonina come fanno gli SSRI e SNRI. Vanta anche altre specifiche recettoriali che tendono a consentirgli una riduzione nei tempi per il ripristino della normale attività neuronale inibita o messa a rischio dagli effetti depressivi a favore di una riduzione degli stati ansiogeni. Il trattamento con questo farmaco, inoltre, tende a determinare benefici sull’aspetto cognitivo, migliorando l’apprendimento, ma anche la partecipazione alla vita di tutti i giorni. Ecco perché l’uso di un antidepressivo multimodale può determinare ripercussioni positive sulla vita socio-relazionale e cognitive».

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