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A Napoli, nei giorni scorsi, per colpa della tubercolosi è morta una dottoressa. Non è semplice parlare di tubercolosi, alle nostre latitudini. Da un lato c’è una malattia che è sempre meno frequente: colpisce sette persone ogni centomila, nel nostro Paese. Dall’altro è pur sempre una delle tre grandi pandemie attive sul Pianeta, assieme all’Aids e alla malaria. Motivo per cui non è il caso di abbassare la guardia anche perché le malattie infettive, per dirla con Stefano Vella, direttore del centro di salute globale dell’Istituto Superiore di Sanità, «possono alternare periodi di maggiore e minore diffusione, ma non passano mai». Né tanto meno è possibile immaginare un simile scenario per la tubercolosi, in un mondo sempre più globalizzato.

Risorse unite contro la tubercolosi

Nasce da questa esigenza la scelta di istituire il «Global Tubercolosis Network», una rete globale di addetti ai lavori (medici, esperti di salute pubblica, società scientifiche, pazienti, donatori, organizzazioni internazionali e aziende farmaceutiche) che proveranno, se non a raggiungere, ad avvicinarsi quanto più possibile all’obiettivo di eliminare (non eradicare) la tubercolosi entro il 2050. Ad arrivare, cioè, «a meno di un caso su un milione», dichiara Giovanni Battista Migliori, responsabile del servizio di epidemiologia clinica delle malattie respiratorie degli Istituti Clinici Maugeri di Tradate, che collabora con il centro per lo studio della tubercolosi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. «Non sarà semplice arrivarci, ma è giusto avere un obiettivo ambizioso, che funga da stimolo per noi e per le istituzioni».

Gli esperti che ne fanno parte ci proveranno attraverso uno sforzo continuo nel campo della ricerca e, soprattutto, della formazione degli operatori. «Perché in un Paese in cui la malattia è sempre meno ricorrente, stiamo perdendo l’abitudine a diagnosticarla», aggiunge lo specialista, che ha fatto il punto sulla malattia in occasione del congresso internazionale dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici (WAidid). I sintomi sono febbre e tosse, spossatezza e perdita di peso. Questi, in effetti, possono essere banalmente scambiati per episodi influenzali o parainfluenzali. La mancanza di una sintomatologia specifica comporta spesso una lunga serie di visite prima di essere scoperta.

Oltre 10 milioni di casi nel mondo nel 2017

Il «Global Tubercolosis Network» punta a integrare e amplificare le iniziative esistenti. Nelle prossime settimane, sul sito WAidid (www.waidid.org), sarà possibile per gli operatori registrati chiedere suggerimenti di gestione terapeutica e preventiva ai principali esperti mondiali di tubercolosi. «È importante che tutti i medici siano informati su quelli che sono i sintomi della malattia, indipendentemente da quelle che siano le loro specialità - afferma Susanna Esposito, direttore della clinica pediatrica all’Università di Perugia e presidente di WAidid -. Occorre identificare precocemente i pazienti con i sintomi e sottoporli ad adeguate misure di isolamento e di terapia, oltre ad effettuare su se stessi e sui propri contatti le adeguate misure di screening per identificare l’infezione tubercolare latente. Il recente caso di Napoli dimostra che la tubercolosi è ancora presente nel nostro Paese».

La tubercolosi è una delle prime cause di morte nel mondo. Le stime riportano 10,4 milioni di nuovi casi nel 2017: nove su dieci tra gli adulti, due terzi tra gli uomini. Tra questi, un milione sono stati registrati tra i bambini: uno su quattro fatale, spesso perché la tubercolosi è un’infezione «opportunistica» colpisce persone già immunodepresse per colpa dell’Hiv (soprattutto in Africa). Ma sul totale delle infezioni stimate, soltanto 6,6 milioni sono stati notificate all’Organizzazione Mondiale della Sanità: il che vuol dire essere di fronte a un «buco» di 3,8 milioni di diagnosi tra quelle reali e quelle messe nero su bianco. Un divario dovuto sia al deficit di notifica sia a quello di diagnosi, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove il batterio responsabile dell’infezione circola con maggiore frequenza.

Twitter @fabioditodaro