Una persona su 100 scopre di essere celiaca con specifici test, ma la metà dei pazienti non riceve una diagnosi. È possibile infatti che la malattia si presenti in forme silenti, accanto a casi in cui si manifestano invece i tipici sintomi: gastrointestinali come vomito, diarrea, perdita di peso e, nei bambini dai 6 anni in su, arresto della crescita che segue l'introduzione del glutine nella dieta. Un segnale che allerta i genitori e interessa un terzo dei 50 mila casi di celiachia pediatrica italiani. I restanti due terzi riguardano bambini più grandi con anemia che non risponde alla terapia con ferro, stanchezza, aumento dei livelli delle transaminasi e anche qui perdita di peso e rallentamento della crescita staturale, senza però i sintomi gastrointestinali.
Ne hanno parlato i nutrizionisti clinici riuniti nel secondo Congresso della Società italiana di nutrizione clinica e metabolismo (Sinuc), in corso a Firenze. «Nei bambini è possibile fare diagnosi con un semplice esame del sangue che rilevi la presenza degli anticorpi specifici (Ttg o Ema) in misura di 10 volte superiore ai livelli normali - spiega Maurizio Muscaritoli, presidente della Sinuc - Il che rende la diagnosi più facile e meno traumatica rispetto alla precedente pratica della biopsia intestinale che individua se i villi intestinali sono atrofici e infiammati».
«Il trattamento della patologia si basa su un regime dietetico che escluda in maniera assoluta e a vita il glutine - prosegue l'esperto - Quindi grano, frumento, segale, orzo, farro e kamut, mentre sono permessi riso e mais e i prodotti certificati per assenza di glutine, ormai ampiamente disponibili in commercio e a carico del Ssn. La novità è che la celiachia si manifesta sempre più in maniera camaleontica con sintomi atipici come l'anemia e la perdita di massa ossea, spia di un malassorbimento di nutrienti. Mentre in altri casi i sintomi sono dermatiti e alopecia, ossia perdita di capelli, che solo dopo un lungo iter vengono ricondotti alla intolleranza al glutine». L'efficacia della dieta - evidenziano gli esperti - si verifica sia con la scomparsa dei sintomi sia per la diminuzione degli anticorpi, i cui valori si normalizzano tuttavia solo dopo 12 mesi dall'eliminazione del glutine. Ma nonostante ciò, oltre la metà degli adolescenti abbandona la dieta senza glutine per il poco controllo dei genitori e per non essere escluso dal gruppo. La mancata aderenza alla dieta comporta una ricomparsa dei sintomi e nuove manifestazioni.
Nell'adolescente celiaco non diagnosticato o che non segue correttamente la dieta senza glutine - proseguono gli specialisti - il picco di massa ossea che viene raggiunto rimane ridotto con la conseguenza di un maggior rischio di osteoporosi in età adulta. L'aderenza alla dieta, qualora instaurata dopo il raggiungimento del picco di massa ossea (16-18 anni nelle femmine, 20-22 anni nel maschio), non basta più da sola a correggere il difetto di mineralizzazione dell'osso. Ma una corretta eliminazione del glutine è in grado ripristinare in un anno la normalizzazione della quota minerale ossea. Per quanto riguarda gli adulti, invece, rispetto alla relazione annuale sulla celiachia pubblicata nel 2007, le diagnosi sono aumentate da 64 mila a oltre 182 mila grazie alla migliore capacità di diagnosi. La Lombardia è la regione capofila per numero di pazienti con il 17,7%, seguita da Lazio e Campania con il 9,7% ciascuna. Si conferma anche il profilo di genere della malattia, con le donne affette in misura più che doppia rispetto al sesso maschile.