Tra i diversi fattori di rischio, dal fumo all’obesità, nessuno aveva finora considerato il potenziale ruolo che la flora batterica intestinale può svolgere nell’aumento del rischio cardiovascolare. La pista, mai battuta finora, sarebbe invece piuttosto fondata. Più che sull’intera popolazione dei microrganismi che abitano nell’organo più esteso dell’apparato digerente, è su uno specifico batterio che vale la pena di puntare l’attenzione: l’Escherichia Coli, un comune abitante dell’intestino che, in alcune sue varianti, può però risultare patogeno (causa di tossinfezioni alimentari e infezioni delle vie urinarie, oltre che di sepsi). In alcuni casi la sua presenza nel sangue, è quello che ha scoperto un gruppo di clinici e ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma, sarebbe all’origine dell’insorgenza dell’infarto del miocardio.

Un batterio favorisce l’insorgenza dell’infarto

Il dato si evince da uno studio pubblicato sull’«European Heart Journal» condotto coinvolgendo 150 persone: equamente suddivise tra pazienti colpiti da un infarto, altri alle prese con un dolore toracico considerato un campanello d’allarme (l’angina) e persone sane. Analizzando la concentrazione della capsula batterica presente nei trombi dei pazienti e confrontandola con quella dei due gruppi di controllo, i ricercatori hanno osservato nel gruppo degli infartuati una presenza di microrganismi significativamente superiore rispetto a quella degli altri due gruppi. Attraverso metodiche di biologia molecolare è stato poi possibile dimostrare che il batterio che circolava nel sangue dei pazienti con infarto era l’Escherichia Coli, tipicamente di origine intestinale. La presenza è stata associata all’attivazione delle piastrine a livello del trombo responsabile dell’occlusione di una delle arterie da cui aveva avuto origine l’infarto.

Nei pazienti infartuati l’intestino fa «acqua»

La maggior parte degli infarti si verifica a causa della formazione di un coagulo di sangue (trombo) che va a ostruire una o più arterie coronarie (le arterie che portano sangue ossigenato e sostanze nutritive al muscolo cardiaco), ma i meccanismi che ne sono alla base non sono stati completamente chiariti. «Oltre ad aver definito un nuovo meccanismo che favorisce l'infarto, questi risultati aprono nuove prospettive terapeutiche per la sua cura che prevedono o l’uso della molecola individuata nei casi acuti o lo sviluppo di un vaccino che prevenga il processo di trombosi delle coronarie», spiega Francesco Violi, direttore della clinica medica 1 del policlinico universitario Umberto I di Roma. Un percorso che, per giungere a termine, potrà contare su un’altra scoperta del team capitolino: quella del recettore a cui l'Escherichia Coli si lega per facilitare la trombosi (Toll-like receptor 4). Un processo che gli autori dello studio sono anche riusciti a inibire, con una molecola specifica. Per comprendere il motivo della presenza batterica, il team ha analizzato la permeabilità intestinale dei soggetti con infarto, la quale è risultata alterata rispetto ai soggetti di controllo. Tale condizione è stata correlata con la concentrazione della capsula batterica nel trombo coronarico, suggerendo che l’aumentata permeabilità intestinale sia responsabile della traslocazione batterica nel sangue dei soggetti con l’infarto.

Twitter @fabioditodaro

Tra i diversi fattori di rischio, dal fumo all’obesità, nessuno aveva finora considerato il potenziale ruolo che la flora batterica intestinale può svolgere nell’aumento del rischio cardiovascolare. La pista, mai battuta finora, sarebbe invece piuttosto fondata. Più che sull’intera popolazione dei microrganismi che abitano nell’organo più esteso dell’apparato digerente, è su uno specifico batterio che vale la pena di puntare l’attenzione: l’Escherichia Coli, un comune abitante dell’intestino che, in alcune sue varianti, può però risultare patogeno (causa di tossinfezioni alimentari e infezioni delle vie urinarie, oltre che di sepsi). In alcuni casi la sua presenza nel sangue, è quello che ha scoperto un gruppo di clinici e ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma, sarebbe all’origine dell’insorgenza dell’infarto del miocardio.

Un batterio favorisce l’insorgenza dell’infarto

Il dato si evince da uno studio pubblicato sull’«European Heart Journal» condotto coinvolgendo 150 persone: equamente suddivise tra pazienti colpiti da un infarto, altri alle prese con un dolore toracico considerato un campanello d’allarme (l’angina) e persone sane. Analizzando la concentrazione della capsula batterica presente nei trombi dei pazienti e confrontandola con quella dei due gruppi di controllo, i ricercatori hanno osservato nel gruppo degli infartuati una presenza di microrganismi significativamente superiore rispetto a quella degli altri due gruppi. Attraverso metodiche di biologia molecolare è stato poi possibile dimostrare che il batterio che circolava nel sangue dei pazienti con infarto era l’Escherichia Coli, tipicamente di origine intestinale. La presenza è stata associata all’attivazione delle piastrine a livello del trombo responsabile dell’occlusione di una delle arterie da cui aveva avuto origine l’infarto.

Nei pazienti infartuati l’intestino fa «acqua»

La maggior parte degli infarti si verifica a causa della formazione di un coagulo di sangue (trombo) che va a ostruire una o più arterie coronarie (le arterie che portano sangue ossigenato e sostanze nutritive al muscolo cardiaco), ma i meccanismi che ne sono alla base non sono stati completamente chiariti. «Oltre ad aver definito un nuovo meccanismo che favorisce l'infarto, questi risultati aprono nuove prospettive terapeutiche per la sua cura che prevedono o l’uso della molecola individuata nei casi acuti o lo sviluppo di un vaccino che prevenga il processo di trombosi delle coronarie», spiega Francesco Violi, direttore della clinica medica 1 del policlinico universitario Umberto I di Roma. Un percorso che, per giungere a termine, potrà contare su un’altra scoperta del team capitolino: quella del recettore a cui l'Escherichia Coli si lega per facilitare la trombosi (Toll-like receptor 4). Un processo che gli autori dello studio sono anche riusciti a inibire, con una molecola specifica. Per comprendere il motivo della presenza batterica, il team ha analizzato la permeabilità intestinale dei soggetti con infarto, la quale è risultata alterata rispetto ai soggetti di controllo. Tale condizione è stata correlata con la concentrazione della capsula batterica nel trombo coronarico, suggerendo che l’aumentata permeabilità intestinale sia responsabile della traslocazione batterica nel sangue dei soggetti con l’infarto.

Twitter @fabioditodaro