«Cosa vuoi che sia, sono cose da ragazzi».
Non c’è peggiore giustificazione per minimizzare il fenomeno del bullismo. Leggiamo spesso storie di vessazioni continue, ma quel che finisce sui giornali è una minima parte di quanto accade ogni giorno.
Recenti sondaggi mostrano che in Europa un adolescente su 4 ha avuto almeno una volta a che fare (vittima, spettatore o «carnefice») con questo fenomeno. Intervenire è più che mai importante: il bullismo non ha effetti solo immediati ma si ripercuote anche sulla salute da adulti. E’ questo uno dei messaggi chiave lanciati al 25esimo European Congress of Psychiatry appena conclusosi a Firenze.
Bullismo: una sola parola, ma tante manifestazioni
Come spiega la professoressa Silvana Galderisi, prima presidente donna del congresso e ordinario in psichiatria presso l’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli, «il bullismo, pur essendo una sola parola, in realtà è un fenomeno molto variegato. Il bullismo diretto, il più manifesto, consiste in aggressioni fisiche, come spintoni, calci e pugni, fino alla sottrazione dei beni della vittima. Il bullismo indiretto, più difficile da identificare, è caratterizzato dall’esclusione sociale della vittima. In questo caso il bullo o il gruppo di bulli si preoccupano di diffamare la vittima mediante l’invenzione di storie che screditano il malcapitato.
Di nuova generazione è poi il fenomeno del cyberbullismo, un bullismo in formato «virtuale» attuato da un singolo o da un gruppo. L’obiettivo è il medesimo del bullismo diretto, ovvero danneggiare la vittima, ma questa volta mediante mezzi elettronici che offrono l’opportunità di agire impuniti per molto tempo e in tutte le ore del giorno e della notte».
Indentikit del bullo-vittima
Stereotipi e realtà spesso si fondono nel tracciare l’identikit della vittima di atti di bullismo, come il ragazzo che si percepisce differente dai suoi coetanei, in sovrappeso o sottopeso, non alla moda, con scarse abilità sociali, talvolta con disabilità intellettiva ed appartenenti a gruppi di minoranza.
I bulli, invece, sono generalmente ben integrati nel gruppo dei coetanei, hanno potere sociale, sono eccessivamente attenti alla loro popolarità e propensi a comandare e dominare. La buona considerazione di sé del bullo appare tuttavia labile e, per tale motivo, necessita di conferme continue che l’individuo ricerca attraverso comportamenti intimidatori e violenti. Più di recente è stata anche descritta la figura del «bullo-vittima», ovvero l’individuo che, vittima dei bulli, risolve la propria frustrazione con comportamenti aggressivi contro terzi.
Gli effetti continuano da adulto
«Ad oggi -spiega la Galderisi- non sono del tutto chiari i processi di sviluppo che traducono l’esperienza precoce di bullismo in un danno per la salute psicofisica dell’adulto. Studi nei gemelli identici hanno dimostrato una ridotta capacità di risposta ormonale allo stress nei gemelli vittime di bullismo rispetto ai gemelli che non hanno subito episodi di bullismo. E’ possibile che ciò comporti una maggiore vulnerabilità allo stress nelle epoche successive della vita».
Ma non è tutto: i problemi che il bullismo crea nei bambini e negli adolescenti possono persistere nella vita adulta; ad esempio, la compromissione dei processi di socializzazione può compromettere la costruzione di una rete sociale adeguata per superare le difficoltà della vita, e i problemi a carico della salute fisica e mentale possono persistere nella vita adulta e ulteriormente limitare le potenzialità di realizzazione personale, sociale e lavorativa della persona.
Intervenire a seconda del grado di bullismo
Intervenire precocemente è di fondamentale importanza. L’errore più comune è pensare che tanto il tempo sistemerà le cose. «Per le situazioni meno gravi di bullismo, vale a dire quelle in cui non c’è marcata e ripetuta aggressività, ma canzonature e qualche scherzo, sono spesso sufficienti un ascolto partecipato, rassicurazione e supporto da parte di figure adulte significative. Per i casi più gravi è importante l’intervento diretto degli insegnanti, dei genitori e talora anche dell’autorità guidiziaria, ed è sempre importante considerare l’opportunità di un intervento psicoterapico» conclude la Galderisi.
@danielebanfi83
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