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Il 7 aprile si celebra la giornata mondiale della salute per ricordare la data di fondazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS); il tema scelto quest’anno è la depressione, una condizione che nel mondo tocca più di 300 milioni di persone, 40 milioni nella solaEuropa e 3 milioni in Italia.

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In prevalenza sono donne, di tutte le età ed etnie e senza nessuna distinzione di ceto sociale. Una malattia grave che se non diagnosticata in tempo può portare al suicidio: non a caso purtroppo, proprio questo gesto estremo costituisce la seconda causa di morte nella fascia di età 15-29 anni.

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QUALI DISTURBI RIENTRANO NELLA CATEGORIA DELLE DEPRESSIONI

Con il termine depressione si identificano una vasta serie di disturbi, da quelli del tono dell’umore, che comprendono anche le forme episodiche o stagionali, all’umore instabile fino alla depressione maggiore vera e propria, la manifestazione forse più complessa, le cui cause non sono ancora del tutto note.

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Non di rado, inoltre, i disturbi del tono dell’umore sono la punta dell’iceberg di un quadro patologico anche molto serio e per questo non c’è niente di più sbagliato, come purtroppo ancora accade, che pensare che risolvere tali disturbi sia possibile con un po’ di buona volontà da parte di chi ne soffre.

L’IMPORTANZA DELLA DIAGNOSI PRECOCE

Affrontare i diversi disturbi depressivi è possibile a patto di riuscire a diagnosticarli velocemente, anche se come tiene a precisare il professor Claudio Gentili docente di psicologia clinica all’Università di Padova: «La depressione molto spesso, si manifesta in maniera subdola e poco riconoscibile: non sempre si possono ravvisare tratti caratteristici della condizione come apatia, anaffettività, chiusura in se stessi, tristezza, più spesso il paziente comincia con il lamentare ricorrenti quanto inspiegabili mal di testa, insonnia o spossatezza. Ecco che fare diagnosi di depressione è tutt’altro che facile».

QUALI SONO I SINTOMI DELLA MALATTIA

«La diagnosi di depressione si basa sulla compresenza di numerosi sintomi, tuttavia dovrebbe suonare un campanello d’allarme in presenza già di uno o pochi sintomi-tiene a precisare Daniela Palomba ordinario di psicologia clinica presso l’università degli studi di Padova-La comparsa, per esempio, di insonnia, di un umore più triste del normale, la perdita di motivazioni e del piacere per le cose quotidiane possono avere un impatto negativo sulla qualità della vita e inoltre rappresentano un fattore di rischio, una sorta di piano inclinato che porta, nel tempo alla depressione vera e propria. Al contrario, un intervento precoce, anche di basso impatto, in questa fase, migliora la vita della persona e può bloccare la cascata che porta al disturbo conclamato».

LE SFIDE DELLA RICERCA

La professoressa Palomba a tal proposito sottolinea ancora come: «Una sfida della ricerca in questo campo è proprio quella di identificare marcatori precoci, oggettivi e misurabili che possano informare sul rischio di sviluppare la depressione quando ancora i sintomi non sono evidenti. Questa opportunità potrebbe favorire lo sviluppo di interventi terapeutici precoci in gruppi selezionati. Il problema rimane che per la depressione, così come per la maggior parte delle patologie mentali, non esiste un correlato biologico accurato. In parole povere non esiste, quello che è la glicemia per il diabete. In questo senso non avendo “una glicemia per l’umore” non possiamo neppure immaginare un test che ci identifichi il disturbo in modo preclinico, quando già è in corso ma non si è ancora manifestato».

DIAGNOSI IN INFANZIA E ADOLESCENZA

Per quanto riguarda l’infanzia e l’adolescenza nel manuale diagnostico (DSM) si riconosce la presenza di depressione infantile, ma la sintomatologia è ancora più sfumata e difficilmente riconoscibile che in altre fasce d’età. A tale proposito il professor Gentili sottolinea: « Nel bambino, la tendenza più o meno accentuata all’isolamento o, al contrario, a scoppi di rabbia e all’irritabilità possono essere segnali di disturbi depressivi destinati a complicarsi nel corso degli anni.

L’adolescenza poi è una fase di passaggio che si caratterizza proprio per i sentimenti altalenanti; da una parte c’è la nostalgia verso il mondo dell’infanzia dall’altra la voglia di entrare a pieno titolo nel mondo degli adulti. Il non sapere dove collocarsi e i tanti e diversi sentimenti che si sperimentano possono far emergere, in ragazzi predisposti, forme di depressione sottovalutate da genitori, insegnanti e anche dagli amici. I ragazzi, invece, possono sperimentare un forte disagio ed esprimerlo con la chiusura verso il mondo esterno e l’isolamento sociale, disturbi del sonno e del comportamento alimentare, scarso rendimento scolastico. Tutti questi segnali non vanno sottovalutati e attribuiti a una fase, ma piuttosto analizzati cercando di capire se e quando sono riconducibili a una sintomatologia di tipo depressivo e in questo caso, bambini e ragazzi vanno monitorati attentamente ed eventualmente indirizzati a un percorso di cura».

LA SITUAZIONE IN ITALIA

Secondo i dati disponibili a soffrire di depressione in Italia sono circa 4,5 milioni di persone. Mediamente passano 23 mesi dalla comparsa dei primi sintomi, quando riconoscibili e la decisione di rivolgersi a un medico e ne passano altri 25 prima di ottenere una diagnosi certa. Uno studio italiano, inoltre, ha rivelato come nel nostro Paese la depressione sia diagnosticata per lo più dal medico di medicina generale che in presenza di sintomi molto evidenti la riconosce in circa il 65% dei pazienti. Tale percentuale però scende decisamente in presenza di una sintomatologia non troppo marcata e in ogni caso circa i 2\3 dei pazienti riconosciuti tali dal medico di medicina generale non ricevono alcun trattamento.

TRATTAMENTO

In ogni caso, anche quando finalmente arriva la diagnosi di depressione, sono molti i pazienti restii a iniziare un percorso terapeutico: c’è la consapevolezza intuitiva che vista la complessità della condizione un farmaco solo o in associazione non può risolverla.

Guarire dalla depressione è possibile tenendo ben chiaro, come conclude la professoressa Palomba che: «Resta fondamentale per poter trovare una via d’uscita dalla condizione ricevere dal medico, o dal professionista a cui ci si rivolge, informazioni chiare ed esaurienti sulle alternative di intervento disponibili, all’interno di una gamma di trattamenti di comprovata efficacia, e sapere che si guarisce seguendo un percorso di terapia integrato che può prevedere un certo trattamento farmacologico, ma non può prescindere da un percorso di psicoterapia. È molto importante, inoltre, sfatare la convinzione che la psicoterapia costituisca un percorso indefinibile: gli interventi sono oggi strutturati e delimitati nel tempo, e quanto più la diagnosi è precoce tanto più è possibile utilizzare interventi a basso impatto».

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