Secondo la ricerca, pubbilcata dalla rivista "Nature Medicine", il sistema potrà servire soprattutto per i glioblastomi, più aggressivi.
Lo studio ha utilizzato sferette d'oro di pochi milionesimi di millimetro rivestite di un agente di contrasto, svelando che tre tecniche di imaging scovano anche le micrometastasi che di solito si infiltrano nel tessuto sano.
"La nostra ipotesi è che queste particelle una volta iniettate si posizionino preferenzialmente nel tessuto tumorale, e non in quello sano - ha affermato Sam Gambhir, uno degli autori - questo perché i vasi sanguigni che nutrono i tumori hanno delle crepe da cui le particelle possono fuoriuscire".
Gli scienziati hanno trapiantato dei glioblastomi umani in alcune cavie, e una volta iniettate le nanoparticelle hanno usato le diverse tecniche per evidenziare il tessuto tumorale e rimuoverlo. Due di queste, la risonanza magnetica e la spettroscopia fotoacustica, hanno dato un'ottima immagine del tumore, mentre la terza, la spettroscopia Raman, è servita per scovare le micrometastasi che si annidano nel tessuto sano intorno al glioblastoma e che costituiscono poi la base da cui il cancro si riforma al massimo un anno dopo gli interventi tradizionali.
"Le nanoparticelle ci permettono di avere un'ottima immagine prima, durante e dopo l'intervento - ha spiegato l'esperto - ora proveremo a usare lo stesso metodo su altri tipi di tumori".