Sempre più traguardi della ricerca biomedica vengono raggiunti grazie alle nuove tecnologie che forniscono nuove conoscenze, sotto forma di molti di dati e di potenti strumenti per elaborarli, suggerendo anche strade interpretative. Un esempio è quello della next generation sequencing (NGS), una metodica di analisi genetica con la quale è possibile valutare frequenza, variabilità e stabilità delle alterazioni genetiche di un tumore, studiandone le singole cellule, anche in uno stesso individuo, addirittura nel corso del tempo, per valutare la risposta ai trattamenti, la loro efficacia e lo sviluppo di resistenza. «Il ngs serve alla ricerca ed è ormai pratica clinica consolidata nei principali centri oncologici di riferimento italiani » spiega Maurizio D’Incalci, alla guida del dipartimento di oncologia del Mario Negri di Milano, organizzatore di un corso sulle innovazione bioinformatiche «NSG to NGO: dal next generation sequencing alla nuova generazione di oncologi».

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Il sequenziamento del Dna del cancro e la sua interpretazione richiede la collaborazione di diverse figure professionali che devono imparare linguaggi comuni: da una parte biologi, genetisti, patologi, oncologi e clinici e, dall’altra, matematici e informatici, figure sempre più importanti in medicina. Da qui passa l’oncologia di precisione, che consiste proprio nell’individuazione delle caratteristiche genetiche del tumore del singolo paziente per garantire terapie su misura.

Un’applicazione è quella dei tumori del polmone nei non fumatori, che sono il 15% dei 42mila casi di tumore (6300 nuove diagnosi l’anno): «In costoro, si trovano molte alterazioni genetiche all’interno del tumore e colpirle significa regredire anche del 70%, ma le nuove tecnologie ci potranno aiutare anche nello stabilire il tipo di trattamento, chemio e immunoterapico o doppio immunoterapico» spiega Marina Garassino, Responsabile Oncologia Toracica presso il Dipartimento di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e Presidente di Women for Oncology, un network per valorizzare le professioniste dell’oncologia italiana, ancora troppo poco presenti nei ruoli di rilievo.

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«Sappiamo che il numero di donne che fumano aumenta e così anche il numero di casi di tumore nella popolazione femminile; ma ci attende un’epidemia di tumori al polmone anche per un altro motivo: il 70% dei fumatori inizia nell’adolescenza e oggi in Italia i dati sono molto preoccupanti e si registra un +27% degli adolescenti che fumano, peggio di noi solo la Bulgaria».

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Alcuni tumori dell’endometrio presentano un danno nel meccanismo di riparo del Dna, il cosiddetto mismatch repair, e i geni coinvolti possono essere un bersaglio per terapie innovative. Individuare le mutazioni consente di selezionare i pazienti che risponderanno ad alcune terapie innovative, come i parp inibitori, e che potranno essere inserite nelle sperimentazioni cliniche, spiega Nicoletta Colombo direttore dell’oncologia medica dello Ieo di Milano. Il tumore all’ovaio colpisce 5300 donne e quello dell’endometrio 8700. Il rischio di polverizzazone è elevatissimo e non sono pochi i centri che vedono due, tre casi l’anno.

Eppure i dati indicano che la prognosi cambia quando le pazienti sono seguite in centri di alta specializzazione che rispettano i requisiti minimi di volume e di qualità. La strada è quindi quella della centralizzazione di alcuni servizi, anche in un’ottica di sostenibilità e appropriatezza. Anche perché, come dice D’Incalci, «la rapida evoluzione tecnologica e bioinformatica rende obsolete strumentazione costose, che vanno quindi acquistate e sfruttate per gli obiettivi che ciascun centro si pone».

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Attenzione quindi a inseguire l’innovazione tecnologica a tutti i costi: ogni scelta venga guidata dal bene del paziente, cioé dalle evidenze e dagli obiettivi. Diverso discorso per la ricerca, dove è ipotizzabile che un giorno metodiche sempre più innovative, riflette Marina Garassino, «ci forniscano un sistema di integrazione di tutte le nostre conoscenze –omiche, aiutandoci a mettere insieme i pezzi di un puzzle che forse ancora ci sfugge».

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Infine, la grande speranza dei farmaci agnostici, quelli che agiscono sulla mutazione indipendentemente dalla localizzazione tumorale. Il primo di questo tipo, senza indicazione d’organo, è stato approvato quest’estate. «Oggi sappiamo però che la sede è importante – dice Nicoletta Colombo - il microambiente e le caratteristiche patologiche del tumore possono fare la differenza, l’organo continua a contare».