Nel contesto della città di Geel, in Belgio, ormai da molti anni, si sperimenta l’inserimento di malati psichici all’interno di famiglie tradizionali.
Queste famiglie, chiamate «foster families», prendono in carico le necessità dell’«ospite» (di natura pratica, ma anche affettiva) in cambio di un supporto economico, sotto la supervisione attenta di operatori formati a riguardo.
Questo approccio alla malattia psichica ha due vantaggi. Da un lato consente alle famiglie di avvalersi di un’entrata economica supplementare in cambio del servizio reso. Dall’altro, al paziente viene data l’opportunità di un reale inserimento sul territorio, che gli dia la possibilità di una graduale riadesione alla vita della comunità.
In Italia, dove questo servizio viene erogato da quasi vent’anni e si chiama I.E.S.A. (Inserimento Etero-familiare Supportato di Adulti sofferenti di disturbi psichici), il 25% delle Asl prevede la possibilità di attivarlo.
Essendo stato riconosciuto come buona pratica clinica, nel 2017 è previsto inoltre l’allargamento del territorio coperto dal servizio I.E.S.A. a tutte le Asl della Regione Piemonte.
In ambito di Salute Mentale, il servizio rappresenta un’avanguardia in termini di politica clinica, costituendosi come simbolica fase finale del percorso iniziato da Franco Basaglia a fine Anni 70, in concomitanza con la chiusura delle realtà manicomiali.
NASCITA DEL SERVIZIO DI INSERIMENTO FAMIGLIARE DI MALATI PSICHICI
Nel corso di una recente intervista fatta con il dottor Aluffi, curatore e pioniere di I.E.S.A. in Italia (avendolo per primo attivato a Collegno nel 1997), ho avuto modo di approfondire alcuni aspetti relativi al servizio, che mi hanno permesso di inquadrarne gli aspetti fondamentali.
IL PASSATO
A Geel questa metodologia di intervento (inserire pazienti psichiatrici all’interno di famiglie «normali») esiste da 700 anni, ben prima della nascita della psichiatria stessa (avvenuta circa 200 anni fa). A partire da questo modello, nel tempo sono state sperimentate nel resto d’Europa, soluzioni simili.
In Italia andiamo a fine 1800: alcune realtà di «patronato famigliare» nel contesto di città come Reggio Emilia, Imola, Firenze, già sperimentavano inserimenti di «persone disturbate» all’interno di contesti non istituzionalizzanti, sul modello di Geel. Con il passare degli anni, l’avvento delle dittature e delle collaterali persecuzioni sociali «igieniche», il progetto e le sue sperimentazioni vennero accantonate quasi ovunque lasciando ampio margine di intervento alle strutture chiuse.
Dopo il fascismo e con la cessazione delle realtà manicomiali in concomitanza con la promulgazione delle leggi Basaglia, progetti di questo genere videro nuova vita e trovarono terreno fertile in particolare in area Piemontese, con il lavoro pionieristico dello psicologo Paolo Henry con gli ex-degenti dell’ospedale psichiatrico di Collegno.
Nel 1997, il servizio I.E.S.A fu inaugurato dal dottor Aluffi dapprima sul territorio di Collegno, in seguito nel contesto di altre realtà italiane (Firenze, Treviso, Milano, Oristano, ecc.). A tutt’oggi, sul totale delle ASL italiane, il 25% è coperto da questo tipo di servizio.
IL PRESENTE
Il servizio I.E.S.A. è attivo da circa 20 anni sul territorio coperto dall’ASLTO3, che conta circa 600mila abitanti. Sulla totalità di questi abitanti al momento sono attivi circa 50 progetti (cioè ci sono 50 utenti psichiatrici inseriti). Come spiega il dottor Aluffi «esistono differenti tipologie di inserimento del paziente: full-time (cioè per tutta la giornata, compresa la notte) a breve, medio e lungo termine, e part-time (cioè per una parte della giornata, secondo gli accordi presi in fase di costruzione del piano di inserimento, ritagliato intorno al paziente e alla famiglia).
I CRITERI DI INSERIMENTO
Per poter usufruire del servizio I.E.S.A., l’utente che diventerà «ospite» deve soddisfare alcuni requisiti di base. Deve in primo luogo essere stato esente da condanne penali nel periodo precedente il suo possibile inserimento. Sono esclusi quindi ladri, persone con precedenti di aggressione o dal temperamento violento che potrebbero minare l’incolumità del nucleo famigliare ospitante.
Non esiste invece un criterio di esclusione basato sulla diagnosi. Il dottor Aluffi a proposito di questo punto sottolinea che alla famiglia non viene comunicata la diagnosi del paziente che ospiterà, al fine di ridurre al massimo il crearsi di aspettative e pregiudizi a riguardo della persona che verrà inserita. Questo aspetto assume particolare rilevanza nell’ottica dell’abbattimento dello stigma sociale nei confronti del malato psichiatrico e nel tentativo di fornire la possibilità di un reinserimento reale, non simulato, al paziente all’interno del contesto territoriale.
COME AVVIENE L’ABBINAMENTO OSPITE-FAMIGLIA
In fase di abbinamento tra ospite e famiglia, naturalmente, gli operatori I.E.S.A. valuteranno con cura il tipo di utente, i suoi trascorsi, la sua idoneità al servizio. Esiste inoltre un servizio telefonico costante, per le famiglie ospitanti, a cui risponderanno gli operatori I.E.S.A in caso di emergenze.
Per quanto riguarda le famiglie, queste vengono selezionate e ritenute idonee in seguito ad un’accurata indagine da parte degli operatori I.E.S.A.. A seguito della valutazione del possibile abbinamento, l’«ospite» viene presentato alla famiglia ospitante e infine inserito. Viene così a crearsi una struttura tripolare ai cui vertici ci sono l’ospite stesso, l’equipe I.E.S.A e la famiglia.
I VANTAGGI PER IL PAZIENTE
Dal punto di vista clinico, il servizio I.E.S.A. rappresenta il superamento completo delle politiche cliniche centrate sull’internamento e l’istituzionalizzazione dei malati psichici. Seguendo una linea immaginaria che parte dal periodo di Basaglia (fautore della chiusura delle realtà manicomiali a fine Anni 70), un servizio di questo genere permette di chiudere il cerchio proponendo un reinserimento reale del paziente, non costretto a vivere dissociato dalla realtà, ma calato al suo interno.
I vantaggi in termini di qualità della vita sono enormi, con meno farmaci prescritti, un contesto caratterizzato da una normalità affettivamente calda (realtà di cui un paziente psichiatrico, preso negli ingranaggi delle continue ricollocazioni dentro strutture, alloggi protetti, etc., si dimentica presto) e possibilità di ricollocamento reali.
Chiunque abbia mai lavorato in ambito psichiatrico avrà osservato come il contesto iper-protetto di una struttura chiusa, un alloggio supportato, un reparto frequentato per troppo tempo, conducono a una regressione del paziente a stati di dipendenza completa nei confronti del personale sanitario.
La lotta di Basaglia partiva da queste evidenti constatazioni: ciò che diveniva sempre più chiaro era la necessità di trovare altre soluzioni al chiudere il malato psichico in strutture protette; per fare questo occorreva da un lato ridurre i pregiudizi del popolo sano nei confronti del malato, dall’altro tentare di restituire al paziente quel ruolo sociale conferito solo dall’esserci, vivere all’interno di quella stessa società (oggi si direbbe fare «empowerment» al paziente).
Il servizio I.E.S.A. tenta, inserendo il paziente all’interno di una famiglia tradizionale, di restituirgli un ruolo sociale che lo veda riabilitato alla vita collettiva. Per chi volesse avere uno scorcio di come possano effettivamente funzionare questi abbinamenti, consiglio la visione di questo documentario girato dagli stessi operatori I.E.S.A. sul territorio piemontese.
I VANTAGGI PER LA FAMIGLIA: CIRCA MILLE EURO AL MESE
Alla famiglia vengono elargiti e consegnati alla famiglia dallo stesso «paziente», circa 1030 euro mensili, utili a coprire le spese della convivenza. Il fatto che l’«assegno terapeutico» venga affidato al paziente assume rilevanza laddove l’obiettivo sia quello di restituire potere «contrattuale» alla persona.
Su questo punto il servizio I.E.S.A. differisce dal modello di Geel, dove il bonus economico viene affidato alle famiglie ospitanti, rendendole di fatto «dipendenti» dalla struttura psichiatrica madre preposta all’erogazione del servizio. In questo senso, il modello italiano si pone in modo maggiormente radicale, garantendo al paziente una reale autonomia economica.
Aluffi su questo punto fa notare che il modello di Geel, impedendo al paziente l’accesso ai soldi, rischia di perpetrare il metodo «istituzionalizzante» e «assistenzialistico» usato da sempre per la gestione delle malattie psichiche, senza procedere a un vero rinnovamento in termini di politica clinica. Da qui la decisione di far transitare nelle mani dell’ospite i soldi erogati dall’Asl per sovvenzionare il servizio.
L’abbinamento corretto di una famiglia e un paziente, inoltre, dà spesso luogo a situazioni di vantaggio reciproco anche in termini affettivi: non è raro osservare come la famiglia si leghi in modo profondo all’ospite, e viceversa, realizzando uno degli obiettivi prioritari che il servizio si pone in termini psicosociali.
PER MAGGIORI INFO SU QUESTI PROGETTI
Per partecipare al servizio, occorre valutare la disponibilità non solo in termini di spazio, ma anche in termini di tempo da dedicare all’ospite.
Per chi volesse informazioni o per prendere un appuntamento con gli operatori I.E.S.A: Via Martiri XXX Aprile, 30. 10093 Collegno (TO)
Telefono 011 40 17 463. Oppure indirizzi e.mail iesa.collegno@gmail.com; iesa@aslto3.piemonte.it: Facebook: servizio IESA ASLTO3.
avico.raf@gmail.com
Fb: Raffaele Avico, Psicologo Clinico
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