Le cifre sono impressionanti: l’alcol causa nel mondo sei morti al minuto, 3,3 milioni l’anno. Il 60-80% delle malattie legate al fegato sono causate dall’alcol (dati Oms) e il 6% dei casi di cancro sono dovuti all’alcol (nell’ordine, i più colpiti sono esofago, cavità orale e faringe, laringe). Secondo i dati dell’Oms, di tutti i decessi attribuibili all’alcol, il 33,4% sono malattie cardiovascolari e diabete, il 17% incidenti, 16,2% malattie gastrointestinali. L’alcol è tossico per il nostro organismo e a ad essere particolarmente colpito è il fegato, già molto «provato» da uno stile alimentare che è andato via via peggiorando in tutti i paesi del mondo. Insieme, cattiva alimentazione e alcol, formano una combinazione esplosiva per il fegato: i bevitori con un alto indice di massa corporea hanno una maggior probabilità di sviluppare epatopatie. Inoltre, ci sono i fattori genetici, sempre più indagati.

LA PREDISPOSIZIONE GENICA

Gli studi di associazione genome-wide (GWAS) hanno indicato l’importanza di alcuni geni, in particolare il PNPLA3, una cui variante mutata aumenta il rischio di steatosi, NASH, cirrosi, epatite alcolica e carcinoma epatocellulare. Ma ci sono anche altri geni, TM6SF2, MBOAT7, le cui mutazioni sono legate ad un maggior rischio di danno epatico. Questa “triangolazione infernale” (alcol, obesità e geni) è emersa chiaramente in uno studio condotto su 60 pazienti con steatosi epatica non alcolica (NAFLD) che ha mostrato come 14 giorni di dieta ipocalorica, ricca di proteine e fibre, in alcuni soggetti permette di ridurre il grasso nel fegato mentre in altri no. Ma al di là della maggiore vulnerabilità di alcuni, comunque l’impatto dell’alimentazione è decisivo per tutti.

DATI EPIDEMIOLOGICI PREOCCUPANTI

Alcol, obesità e geni interagiscono e questa «triangolazione infernale» sarà la causa nei prossimi anni di un’impennata, che ancora non possiamo stimare, delle malattie epatiche» assicura il professor Giovanni Addolorato del policlinico Gemelli di Roma. Di alcol e obesità si è discusso al congresso internazionale di epatologia ad Amsterdam (EASL) a causa del ruolo sempre più rilevante che l’alimentazione e il consumo di alcol hanno assunto in tutti i paesi europei.

PORZIONI GIGANTI E CIBI ULTRA-PROCESSATI

Il cambiamento interessa tanto la quantità di calorie introdotte quanto la tipologia di cibi assunti. L’obesità oggi interessa 1,9 miliardi di persone sovrappeso e 600milioni di obesi, cifra che è raddoppiata tra il 1980 e oggi. Si chiamano alimenti ultra-processati e sono ricchi di zuccheri, sale e grassi e sono ad alta concentrazione di energia; inoltre, «sono formulati per ridurre il rischio di deterioramento, per durare più a lungo e per essere trasportati su lunghe distanze.

Infine, sono estremamente appetibili e, come alcuni studi hanno dimostrato, e chi li consuma è a rischio di dipendenza» ha spiegato la professoressa Helena Cortez-Pinto dell’Università di Lisbona e già presidente del Portuguese Association for the Study of the Liver. Una situazione che andrebbe affrontata, fanno sapere dall’EASL, attraverso misure nazionali restrittive che regolamentino il marketing di prodotti poco salutari per i più piccoli e misure atte a ridurne in generale il consumo in tutta la cittadinanza, come anche recentemente auspicato dall’Ufficio regionale europeo dell’Onu.

GIOVANI ITALIANI FORTI BEVITORI

In Italia, i consumatori sono ben oltre 35 milioni, di cui 8 milioni a rischio. Il consumo pro-capite di alcol è costantemente diminuito negli anni, con una corrispondente diminuzione delle morti per malattie croniche del fegato. Ma questo dato da solo non rispecchia fedelmente la situazione del nostro paese, dove l’impatto di riduzione del consumo pro capite di alcol è stato evidente in chi aveva già un consumo moderato, mentre i giovani e i minori hanno continuato a bere ci spiega il professor Giovanni Addolorato.

«Un nostro studio condotto su 2734 studenti dei licei romani ha mostrato che il 60.2% aveva avuto episodi di binge drinking negli ultimi 12 mesi» spiega il professor Addolorato. «Alla maggioranza (92%) di loro nessuno aveva detto di non bere e ben il 4.9% aveva un disturbo determinato dall’abuso di alcol (AUD) e 1.2% aveva già i criteri per alcol dipendenza. Nei soggetti che riferivano il comportamento binge drinking, l’AUDIT era positivo in percentuale (9.4%) significativamente maggiore rispetto al campione che non riferiva binge drinking (0.9%)».

EPATOPATIA ALCOLICA

I decessi attribuibili all’alcol sono il 3.8% della mortalità globale, una cifra in crescita negli ultimi anni. Un consumo eccessivo e prolungato è il principale fattore di rischio per l’epatopatia alcolica (ALD), che infatti colpisce la metà dei forti bevitori, e il rischio aumenta con la frequenza e la dose del consumo. L’epatopatia alcolica è un processo degenerativo del fegato causato da un eccessivo consumo di alcol, e comprende una serie di condizioni il cui livello di gravità va crescendo progressivamente dalla steatosi (fegato grasso) all’epatite alcolica alla cirrosi. Si tratta di un grave problema di salute pubblica, tanto che nel 2010 le morti per cirrosi dovute all’epatopatia alcolica sono state oltre 493 mila in Europa.

La diagnosi precoce è fondamentale, eppure secondo uno studio presentato all’EASL c’è una significativa disparità nella segnalazione dei pazienti con malattia epatica; in particolare, quelli con epatopatia alcolica hanno una probabilità di 12 volte maggiore di essere individuati ad uno stadio avanzato rispetto a coloro che soffrono di epatite o di steatoepatite non alcolica (NASH). L’invio tardivo di un paziente presso un centro specialistico e una diagnosi tardiva significano una ridotta possibilità di intervento per bloccare la progressione della malattia epatica alcolica. La fotografia scattata dallo studio «dimostra il bisogno di strategie di individuazione precoce, come gli screening per la popolazione ad altro rischio, e l’avvio verso cure appropriate». Come fare? Se ne parlerà a Londra il prossimo 30 settembre in occasione di una conferenza sull’argomento organizzata dall’European Association for the Study of Liver e l’American Association for the Study of Liver Disease.

@nicla_panciera


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