La sclerosi multipla è una grave malattia autoimmune del sistema nervoso centrale che colpisce 75mila italiani e 2,5 milioni di persone nel mondo. Nella sclerosi multipla (SM) il sistema immunitario colpisce la guaina mielinica che riveste le fibre nervose nel cervello, nel midollo spinale e dei nervi ottici, facendo progressivamente perdere loro la capacità di trasmettere il segnale elettrico agli altri nervi, provocando quindi disabilità via via più invalidanti.

I trattamenti della SM mirano a distruggere le cellule «impazzite» del sistema immunitario e questo si traduce in una compromissione della sua funzione di difesa da virus e batteri. Riuscire a colpire selettivamente quelle cellule T che evolvono, aggredendo il sistema nervoso centrale dell’organismo, permetterebbe di salvaguardare quelle rimaste inalterate e quindi ancora capaci di svolgere la propria funzione protettiva.

Un passo avanti importante nel rendere sempre più precisa l’immunoterapia arriva da uno studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica The Journal of Allergy and Clinical Immunology e coordinato dal dottor Jens Geginat, responsabile del laboratorio di ricerca sulle malattie autoimmuni dell’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare «Romeo ed Enrica Invernizzi» (INGM), in collaborazione con il Centro Sclerosi Multipla della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e dell’Università di Milano, diretto dal professor Elio Scarpini.

«In questo lavoro abbiamo identificato le cellule che nei pazienti con Sclerosi Multipla diventano patogeniche, in grado cioè di attaccare la guaina protettiva dei neuroni» spiega Moira Paroni, primo autore della pubblicazione. I ricercatori hanno dimostrato che nelle persone con SM le cellule immunitarie autoreattive Th1 / 17 si espandono, attaccano il sistema nervoso centrale e promuovono le ricadute, mentre le cellule Th1 svolgono un importante funzione di sorveglianza immunitaria, proteggendo l’organismo da possibili infezioni virali.

L’obiettivo è di evitare l’eccessiva immunosoppressione indotta da alcuni farmaci in uso soprattutto per il trattamento della forma recidivante-remittente (SMRR), la forma più comune di sclerosi multipla (l’85% delle diagnosi iniziali). «Questi farmaci - spiega il professor Scapini - presentano un’ottima efficacia sotto il profilo clinico ma comportano il rischio di indurre riattivazioni virali, costringendo i medici alla sospensione del trattamento e rendendo più complicata la strategia terapeutica».

La compromissione del sistema immunitario, infatti, può essere tale da determinare il risveglio di virus latenti che vengono normalmente controllati dal sistema immunitario e che possono portare in rari casi all’insorgenza di una forma con decorso molto più aggressivo rispetto alla sclerosi multipla stessa, che può essere fatale.

http://www.jacionline.org/article/S0091-6749(17)30043-X/fulltext


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