L'anticorpo in questione è capace di smascherare le cellule tumorali riconoscendo la proteina CD47 che queste usano per camuffarsi. Infatti, grazie al travestimento, le cellule malate riescono a non farsi riconoscere e a superare indenni la sorveglianza dei macrofagi, i "guardiani" del sistema immunitario, che pattugliano l'organismo per scovare e "fagocitare" letteralmente le particelle estranee, i microrganismi e le sostanze tossiche che lo minacciano.
Gli scienziati, guidati dal patologo Irving Weissman, avevano già scoperto che per mezzo di questo anticorpo "speciale" era possibile curare alcuni tipi di linfoma non-Hodgkin nei topi. Nella loro nuova ricerca hanno dunque deciso di metterlo alla prova usandolo per trattare tumori solidi come quelli di seno, ovaie, colon, vescica, cervello, fegato e prostata. Quindi hanno prelevato dei campioni di questi tumori da diversi pazienti e li hanno analizzati, scoprendo che quasi tutte le cellule malate esprimevano la proteina CD47. Inoltre, hanno notato che a livelli molto alti di questa proteina corrispondeva una minore aspettativa di vita.
A questo punto i ricercatori hanno iniettato questi tumori umani nei topi di laboratorio e dopo qualche settimana li hanno trattati utilizzando l'anticorpo "universale". I risultati sono stati subito molto promettenti: la maggior parte dei tumori ha iniziato a ridursi e addirittura alcuni sono scomparsi nel giro di poche settimane. L'anticorpo è stato anche in grado di guarire cinque topi nei quali era stato iniettato lo stesso tumore del seno. Sotto osservazione per quattro mesi dopo la guarigione e l'interruzione della cura, non hanno manifestato alcuna recidiva. "Questi risultati indicano che l'anticorpo anti-CD47 può inibire drasticamente la crescita dei tumori solidi umani, bloccando la loro capacità di mostrare questo segnale “non-mangiarmi” ai macrofagi", hanno spiegato gli autori della ricerca. "Se il tumore è molto aggressivo - ha aggiunto Weissman - l'anticorpo è in grado anche di bloccare le metastasi".
Tuttavia, il "fiuto" del detective molecolare non pare essere infallibile: alcuni topi a cui era stato iniettato il tumore del seno di una paziente non hanno infatti tratto alcun beneficio dalla cura. "C'è ancora molto da scoprire - ha precisato Weissman - Lo studio però dimostra che questa proteina CD47 è un bersaglio valido e promettente per la futura terapia anticancro".