Cercare di essere costantemente all’altezza delle aspettative può portare a bere eccessivamente. La necessità di gestire le emozioni negative, quelle derivanti dal bisogno di presentarsi agli altri in un certo modo e di nascondere le proprie imperfezioni, può spingere i perfezionisti verso la bottiglia. Una predisposizione non indotta invece dalla semplice spinta a voler essere perfetti.

Lo mostra un lavoro canadese apparso sulla rivista Journal of Research in Personality che ha indagato il legame tra perfezionismo e abuso di alcol, una relazione ambigua dal momento che, in genere, i perfezionisti tendono a non bere molto, ma quando bevono hanno mediamente più problemi degli altri.

Il perfezionismo. Il perfezionismo, definito dalla professoressa Roz Shafran dell’UCL di Londra come «un’eccessiva dipendenza della valutazione di sé́ dall’inseguimento e dal raggiungimento di standard personali esigenti e autoimposti», può diventare un problema. In particolare, se gli standard molto elevati che l’individuo si autoimpone non vengono raggiunti, a risentirne pesantemente è l’autostima e la percezione che l’individuo ha del proprio valore. Se poi sono raggiunti, gli obiettivi vengono generalmente adattati al rialzo. Per sfuggire a questa pressione costante, l’alcol può sembrare un utile alleato contro la frustrazione perenne di non essere e fare abbastanza bene.

«La relazione tra perfezionismo e psicopatologia è nota, ma molto complessa, anche perché il perfezionismo è un costrutto psicologico multidimensionale e, infatti, ci sono diversi strumenti utilizzabili per la sua valutazione e anche delle sottoscale» spiega la professoressa Maria Grazia Strepparava del dipartimento di medicina e chirurgia dell’Università di Milano Bicocca. Un perfezionista rimugina sul fatto di dover essere perfetto e all’altezza degli standard ideali che esso si è auto imposto per non provare un costante senso di inadeguatezza.

Alle aspettative che nutre verso se stesso si aggiungono quelle altrui. Ad esempio, un perfezionista può pensare e fare di tutto per dover essere perfetto altrimenti «è una catastrofe» o perché altrimenti «l’altro mi giudica»: «Una doppia polarità, una rivolta verso l’interno e una verso l’esterno – commenta la professoressa – aspetti che possono essere presenti contemporaneamente e possono diventare problematici se portano a comportamenti disfunzionali».

Lo studio. I partecipanti allo studio, 263 bevitori giovani adulti, con un’età media di 27 anni e per la maggioranza donne (80%), hanno risposto quotidianamente per tre settimane a dei questionari per valutare perfezionismo, stati emotivi, motivi del bere e problemi indotti dall’alcol, come ad esempio trascurare le proprie responsabilità, litigare, assumere comportamenti rischiosi e rovinare rapporti personali. Ne è emersa una relazione tra un particolare aspetto del perfezionismo e problemi con l’alcol.

A contare sono, infatti, le preoccupazioni dovute al bisogno di nascondere comportamenti imperfetti per presentarsi al meglio agli altri al fine di ottenerne l’approvazione. Il non riuscirvi porta a stati d’animo negativi come la vergogna e la rabbia e, quindi, al consumo di alcol per farvi fronte. «Il ricorso all’alcol è qui una forma di evitamento per non sentire le emozioni negative che tutto ciò impone» spiega la professoressa Strepparava.

«Dopotutto, questa è una delle due principali spinte nei giovani al consumo di bevande alcoliche, di cui ricercano a volte l’effetto disinibente altre quello “anestetizzante”. L’importante, per individuare situazioni problematiche come il consumo eccessivo, è capirne la motivazione».

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