È una malattia che ogni anno tocca da vicino cinquemila italiani. Il tumore della laringe è il più diffuso tra quelli che rientrano nel più ampio novero delle neoplasie della testa e del collo. Nel tempo le terapie hanno garantito una risposta soddisfacente da parte di 1 paziente su 2. Ma le migliori prospettive potrebbero riguardare un numero più ampio di pazienti, a patto di valutare subito dopo la diagnosi la capacità di rispondere alla chemioterapia: in assenza della quale il ricorso alla chirurgia rimane l’unica strada percorribile.
Una dose di chemioterapia per definire la strategia più efficace
Il messaggio giunge da un gruppo di oncologi specializzati nei tumori della testa e del collo del Comprehensive Cancer Center dell’Università del Michigan, che già da tempo hanno cambiato strategia di fronte a questi pazienti.
La loro indicazione, supportata da una ricerca durata vent’anni, suggerisce di testare subito l’approccio chemioterapico, al fine di valutare la risposta del paziente. Basterebbe una sola dose per decidere se andare avanti lungo questa strada, abbinando eventualmente la radioterapia o cambiando registro: portando subito il paziente in sala operatoria. Messa alle spalle una lunga pratica di questo tipo, i ricercatori hanno segnalato tassi di sopravvivenza eccezionali: prossimi all’ottanta per cento, anche per i pazienti che alla diagnosi presentavano una malattia in fase avanzata. I risultati del loro lavoro sono stati pubblicati sulla rivista «Jama Otolaryngology Head and Neck Surgery» .
Una scelta che chiama in causa almeno tre specialisti
Scoprendo che i pazienti che fin da subito rispondevano bene alla chemioterapia avevano maggiori chance di sopravvivenza anche a lungo termine, gli specialisti si sono convinti della necessità di fare subito questa verifica per definire la strategia terapeutica più adeguata.
In oltre dieci anni, sono stati 153 i pazienti con tumori della laringe agli stadi 3 e 4 trattati nei loro ambulatori. La sopravvivenza di chi è stato fin da subito trattato con la chemioterapia è arrivata al 79 per cento: un valore corrispondente a quello che si riscontra nei pazienti in cui la malattia viene diagnosticata in una fase più precoce. Inferiore di tredici punti percentuali è risultata invece la rilevazione dello stesso parametro nei pazienti trattati da subito con chemio e radioterapia, senza valutare la risposta alle sole terapie farmacologiche. Un’evidenza che ha portato Gregory Wolf, primario del reparto di otorinolaringoiatria e chirurgia della testa e del collo del Comprehensive Cancer Center dell’Università del Michigan, ad affermare che «per aumentare i tassi di guarigione, abbiamo la necessità di adattare le cure alla biologia individuale del tumore e alle caratteristiche del paziente».
Dalla ricerca è emerso che, al termine dei trattamenti, la laringe di chi era stato trattato con la chemioterapia risultava più meno integra rispetto a quella di chi era stato sottoposto sia alla chemio sia alla radioterapia. Un simile approccio, secondo gli autori della ricerca, è attuabile ovunque: a patto che ci sia una collaborazione costante tra chirurghi, oncologi medici e radioterapisti. La valutazione della strategia da adottare deve essere multidisciplinare.
Fumo e alcol i principali fattori di rischio per la laringe
L’incidenza dei tumori della laringe non è altissima, ma potrebbe risultare ancora più bassa se calassero il numero dei fumatori (il rischio di ammalarsi è più alto da 4 a 32 volte), dei consumatori di bevande alcoliche (probabilità triplicata) e di chi ha rapporti sessuali poco sicuri. Complessivamente gli esperti stimano che otto diagnosi su dieci sono da ricondurre agli errati stili di vita.
Il carcinoma alla laringe si manifesta con alterazioni della voce. Quando invece è più esteso provoca difficoltà e dolore alla deglutizione, tosse e, a volte, la comparsa di tumefazioni al collo. La diagnosi viene di solito svolta dallo specialista con una visita accompagnata da una fibrolaringoscopia.
«Si utilizza uno strumento a fibre ottiche sottile che, introdotto nella gola del paziente attraverso il naso, permette di vedere le corde vocali e le altre strutture della laringe - afferma Giuseppe Spriano, direttore della struttura complessa di otorinolaringoiatria e chirurgia cervico-cefalica dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma -. In caso di sospetto clinico, si effettua una biopsia».
Quando chemio e radioterapia non bastano, il bisturi rappresenta la soluzione contro la malattia. «In passato l’unico intervento possibile era l’asportazione completa della laringe, che provocava la perdita della voce e la tracheotomia definitiva per la respirazione - chiosa lo specialista -. Oggi, grazie alla chirurgia endoscopica, è possibile rimuovere tumori poco estesi, utilizzando il laser attraverso la bocca. Nelle neoplasie di media grandezza si svolgono laringectomie parziali. Il ventaglio di opportunità prevede anche l’uso della chirurgia robotica .
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