Simulare il funzionamento del cervello umano, per arrivare anche a curarlo più efficacemente, è l’obiettivo dell’ambizioso progetto europeo Human Brain Project. Ma il nostro encefalo è un sistema complesso e altamente interconnesso. Per riprodurlo con reti neurali artificiali è necessario conoscere le caratteristiche morfologiche e funzionali di ogni sua parte. Impresa non banale, essendo frutto dell’evoluzione e non dell’opera di ingegno di un architetto o di un ingegnere.
Ma c’è anche un’altra condizione necessaria all’ottenimento di un sistema “biorealistico” artificiale ed è quella di saper simulare la comunicazione tra cellule nel modo più accurato possibile, grande sfida delle neuroscienze computazionali.
Il nostro encefalo, infatti, ha 1000 miliardi di neuroni, cifra che va moltiplicata per almeno mille o diecimila volte per avere il numero delle sinapsi, elementi che mediano il trasferimento dell’informazione nel sistema nervoso centrale. Servono, quindi, modelli matematici che riproducano con precisione il passaggio del segnale elettrico. «Ciascun neurone comunica attraverso dei canali ionici incorporati nelle membrane cellulari che consentono il passaggio del segnale» spiega il dottor Pietro Balbi, direttore del Laboratorio di Neurofisiologia Computazionale degli Istituti Clinici Scientifici Maugeri. I canali ionici sono stati scoperti studiando l’assone gigante del calamaro da Alan Lloyd Hodgkin e Andrew Fielding Huxley dell’Università di Cambridge, che ne fornirono anche un dettagliato modello matematico e per questi studi presero nel 1963 il Nobel per la fisiologia.
Questi canali, pietra miliare di tutte le neuroscienze successive, sono piccoli forellini molto selettivi che si aprono e si chiudono a seconda del voltaggio e della concentrazione dei soluti nell’ambiente intra ed extracellulare, regolando così la conduzione dei segnali elettrici. «I modelli di canali ionici, pertanto, costituiscono i mattoni sui quali costruire le reti neuronali bio-realistiche» spiega Pietro Balbi. In collaborazione con il Dipartimento di Bioingegneria dell’Università di Napoli e con il Royal Institute of Technology di Stoccolma, Balbi e il suo team hanno pubblicato su Scientific Reports un nuovo modello matematico che, «alla luce degli avanzamenti delle conoscenze elettrofisiologiche, è in grado di riprodurre con estrema precisione e fedeltà il comportamento dei canali ionici» spiega Balbi. È un aggiornamento del formalismo matematico che rivede il modello classico di Hodgkin e Huxley.
I canali ionici operano ovunque nel corpo, non solo nei cosiddetti tessuti eccitabili, come nervi e muscoli, e loro alterazioni sono causa di molte malattie ereditarie. Certe malattie psichiatriche sono associate ad alterazioni della plasticità sinaptica. I canali ionici e i trasportatori di membrana, che trasferiscono le molecole attraverso le membrane, sono già al secondo posto nella lista dei bersagli più frequenti dei farmaci di recente sviluppo e approvazione. Studiare i disturbi della funzionalità di questi canali è quindi importante non solo per la comprensione della biologia umana ma anche per lo sviluppo di nuove terapie.
Simulare il funzionamento del cervello umano, per arrivare anche a curarlo più efficacemente, è l’obiettivo dell’ambizioso progetto europeo Human Brain Project. Ma il nostro encefalo è un sistema complesso e altamente interconnesso. Per riprodurlo con reti neurali artificiali è necessario conoscere le caratteristiche morfologiche e funzionali di ogni sua parte. Impresa non banale, essendo frutto dell’evoluzione e non dell’opera di ingegno di un architetto o di un ingegnere.
Ma c’è anche un’altra condizione necessaria all’ottenimento di un sistema “biorealistico” artificiale ed è quella di saper simulare la comunicazione tra cellule nel modo più accurato possibile, grande sfida delle neuroscienze computazionali.
Il nostro encefalo, infatti, ha 1000 miliardi di neuroni, cifra che va moltiplicata per almeno mille o diecimila volte per avere il numero delle sinapsi, elementi che mediano il trasferimento dell’informazione nel sistema nervoso centrale. Servono, quindi, modelli matematici che riproducano con precisione il passaggio del segnale elettrico. «Ciascun neurone comunica attraverso dei canali ionici incorporati nelle membrane cellulari che consentono il passaggio del segnale» spiega il dottor Pietro Balbi, direttore del Laboratorio di Neurofisiologia Computazionale degli Istituti Clinici Scientifici Maugeri. I canali ionici sono stati scoperti studiando l’assone gigante del calamaro da Alan Lloyd Hodgkin e Andrew Fielding Huxley dell’Università di Cambridge, che ne fornirono anche un dettagliato modello matematico e per questi studi presero nel 1963 il Nobel per la fisiologia.
Questi canali, pietra miliare di tutte le neuroscienze successive, sono piccoli forellini molto selettivi che si aprono e si chiudono a seconda del voltaggio e della concentrazione dei soluti nell’ambiente intra ed extracellulare, regolando così la conduzione dei segnali elettrici. «I modelli di canali ionici, pertanto, costituiscono i mattoni sui quali costruire le reti neuronali bio-realistiche» spiega Pietro Balbi. In collaborazione con il Dipartimento di Bioingegneria dell’Università di Napoli e con il Royal Institute of Technology di Stoccolma, Balbi e il suo team hanno pubblicato su Scientific Reports un nuovo modello matematico che, «alla luce degli avanzamenti delle conoscenze elettrofisiologiche, è in grado di riprodurre con estrema precisione e fedeltà il comportamento dei canali ionici» spiega Balbi. È un aggiornamento del formalismo matematico che rivede il modello classico di Hodgkin e Huxley.
I canali ionici operano ovunque nel corpo, non solo nei cosiddetti tessuti eccitabili, come nervi e muscoli, e loro alterazioni sono causa di molte malattie ereditarie. Certe malattie psichiatriche sono associate ad alterazioni della plasticità sinaptica. I canali ionici e i trasportatori di membrana, che trasferiscono le molecole attraverso le membrane, sono già al secondo posto nella lista dei bersagli più frequenti dei farmaci di recente sviluppo e approvazione. Studiare i disturbi della funzionalità di questi canali è quindi importante non solo per la comprensione della biologia umana ma anche per lo sviluppo di nuove terapie.