L’anno non è ancora concluso, ma ci sono tutte le premesse affinché sia positivo tanto quanto o maggiormente rispetto al 2017. Prosegue il momento d’oro dell’Italia nel campo dei trapianti, con Torino prima città per numero di interventi effettuati . Un successo che è sì dettato dalla scienza, ma soprattutto dalla sensibilizzazione e dalla generosità dei connazionali che non ci sono più e delle loro famiglie.
Il trend dei donatori ha permesso di mantenere pressoché costante anche il numero dei trapianti effettuati: 1.672 i primi per un totale di 3.419 interventi condotti utilizzando organi prelevati da cadavere, fino al 30 novembre. E lo scenario appare incoraggiante in chiave futura, nonostante le opposizioni alla donazione, pari al 28,8 per cento dei decessi, siano rimaste costanti negli ultimi due anni (i tassi più bassi in Trentino Alto Adige, quelli più elevati in Puglia).
Cresce a passo sostenuto infatti il numero delle dichiarazioni di volontà registrate nei 5.804 Comuni abilitati (per quasi 54 milioni di residenti corrispondenti) dal 2012, dove a oggi quasi 2,8 milioni di italiani hanno già comunicato l’assenso al prelievo degli organi una volta accertata la morte.
Oltre 3.400 trapianti effettuati nel 2018
Nel consueto briefing con la stampa di fine anno, il Centro Nazionale Trapianti (Cnt) ha comunicato i dati relativi all’attività del 2018 . Le statistiche non comprendono le procedure portate a termine durante il mese corrente, ma la fotografia è già di per sé sufficiente a confermare le buone notizie emerse nell’ultimo biennio. A fronte di 2.638 accertamenti di morte effettuati e di 1.672 donatori (1.714 l’anno passato), s’è fatto ricorso alla generosità di 1.373 di loro (rispetto ai 1.437 dell’intero 2017) per andare a curare malattie complesse a carico di reni, fegato, pancreas, polmone e cuore (3.419 i trapianti effettuati).
Quella dei trapianti, è la storia di una sinergia vincente, che oggi permette all’Italia di essere seconda soltanto alla Spagna per numero di interventi effettuati. Da una parte c’è l’attività di sensibilizzazione condotta sulla cittadinanza, per far capire quanto sia importante per una persona continuare a vivere grazie a un gesto che di fatto «prolunga» anche la vita di un donatore.
Dall’altra la continua ricerca di nuove soluzioni, al fine di aumentare il numero di organi utilizzabili: dal progressivo innalzamento dell’età dei donatori (reni e fegato oggi si prelevano anche da novantenni) al ricorso ai trapianti «cross over» (se ci sono almeno due coppie disposte alla donazione, ognuna con un donatore e un paziente in attesa di trapianto di rene, ma incompatibili).
Le liste di attesa
Favorendo questo connubio, gli esperti puntano a ridurre la portata delle liste di attesa. I dati relativi al 2018 dicono che, al 30 novembre, erano 8.765 gli italiani in attesa di un trapianto: 6.521 per un rene, 1.014 per un fegato, 747 per un cuore, 384 per un polmone, 246 per un pancreas e 11 per un intestino. Il calo, rispetto al 2017, ha riguardato soltanto i pazienti in attesa per un rene (erano 6.683 lo scorso anno) e il pancreas (262 alla fine del 2017). In leggero aumento invece i numeri relativi al fegato (da 989), al cuore (si partiva da 741) e al polmone (da 354). Le modalità di inserimento in una lista di attesa - nelle ultime statistiche, si calcola che per il 2,7 per cento si tratta di pazienti pediatrici - variano.
Ci si può iscrivere in due centri (uno della propria Regione) per andare incontro a un trapianto di rene, mentre occorre scegliere un solo centro (liberamente, su tutto il territorio nazionale) se si è candidati a uno degli altri trapianti (fegato, cuore, polmone, pancreas).
Due soltanto i poli autorizzati a effettuare il trapianto di intestino: il policlinico Sant’Orsola di Bologna e l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo (per i pazienti pediatrici). È il Centro Nazionale Trapianti a «incrociare» le disponibilità di organi con le richieste che giungono dai diversi centri, mettendo così in rete strutture distanti anche migliaia di chilometri. Ecco perché l’organo di una persona deceduta a Palermo può finire a Padova, se è lì che si individua il paziente compatibile in attesa. E viceversa.
Come diventare donatori?
Oltre ai registri attivi ormai da diversi anni nei Comuni, ci sono altre quattro opportunità per manifestare la volontà di donare i propri organi, una volta che non si è più in vita. Si può chiedere l’apposito modulo alla propria Asl, compilarlo e lasciarlo in loro possesso. Oppure si può scaricare il «tesserino blu» del Ministero della Salute, per poi compilarlo e custodirlo nel portafoglio. Infine l’iscrizione all’Associazione Italiana per la Donazione di Organi, tessuti e cellule (Aido), al pari della scrittura delle proprie volontà su un foglio bianco (firmato, datato e portato sempre con sé) sono sufficienti a compiere il nobile gesto nel momento in cui la nostra vita sarà giunta al capolinea.
Twitter @fabioditodaro